Paragrafo 61
In illo autem altero genere largiendi quod a
liberalitate proficiscitur non uno modo in disparibus causis adfecti esse debemus. Alia causa est eius qui calamitate premitur
et eius qui res meliores quaerit nullis suis rebus adversis.
Paragrafo 62
Propensior
benignitas esse debebit in calamitosos nisi forte erunt digni calamitate. In iis tamen qui se adiuvari volent non ne
adfligantur sed ut altiorem gradum ascendant restricti omnino esse nullo modo debemus sed in deligendis idoneis iudicium et
diligentiam adhibere. Nam praeclare Ennius ‘Bene facta male locata male facta
arbitror’.
Paragrafo 63
Quod autem tributum est bono viro et grato in eo cum ex ipso
fructus est tum etiam ex ceteris. Temeritate enim remota gratissima est liberalitas eoque eam studiosius plerique laudant quod
summi cuiusque bonitas commune perfugium est omnium. Danda igitur opera est ut iis beneficiis quam plurimos adficiamus quorum
memoria liberis posterisque prodatur ut iis ingratis esse non liceat. Omnes enim immemorem beneficii oderunt eamque iniuriam in
deterrenda liberalitate sibi etiam fieri eumque qui faciat communem hostem tenuiorum putant. Atque haec benignitas etiam rei
publicae est utilis redimi e servitute captos locupletari tenuiores; quod quidem volgo solitum fieri ab ordine nostro in
oratione Crassi scriptum copiose videmus. Hanc ergo consuetudinem benignitatis largitioni munerum longe antepono; haec est
gravium hominum atque magnorum illa quasi assentatorum populi multitudinis levitatem voluptate quasi
titillantium.
Paragrafo 64
Conveniet autem cum in dando munificum esse tum in exigendo
non acerbum in omnique re contrahenda vendundo emendo conducendo locando vicinitatibus et confiniis aequum facilem multa multis
de suo iure cedentem a litibus vero quantum liceat et nescio an paulo plus etiam quam liceat abhorrentem. Est enim non modo
liberale paulum non numquam de suo iure decedere sed interdum etiam fructuosum. Habenda autem ratio est rei familiaris quam
quidem dilabi sinere flagitiosum est sed ita ut inliberalitatis avaritiaeque absit suspicio. Posse enim liberalitate uti non
spoliantem se patrimonio nimirum est pecuniae fructus maximus. Recte etiam a Theophrasto est laudata hospitalitas. Est enim ut
mihi quidem videtur valde decorum patere domos hominum inlustrium hospitibus inlustribus idque etiam rei publicae est ornamento
homines externos hoc liberalitatis genere in urbe nostra non egere. Est autem etiam vehementer utile iis qui honeste posse
multum volunt per hospites apud externos populos valere opibus et gratia. Theophrastus quidem scribit Cimonem Athenis etiam in
suos curiales Laciadas hospitalem fuisse; ita enim instituisse et vilicis imperavisse ut omnia praeberentur quicumque Laciades
in villam suam devertisset.
Paragrafo 65
Quae autem opera non largitione beneficia
dantur haec tum in universam rem publicam tum in singulos cives conferuntur. Nam in iure cavere consilio iuvare atque hoc
scientiae genere prodesse quam plurimis vehementer et ad opes augendas pertinet et ad gratiam. Itaque cum multa praeclara
maiorum tum quod optime constituti iuris civilis summo semper in honore fuit cognitio atque interpretatio; quam quidem ante
hanc confusionem temporum in possessione sua principes retinuerunt nunc ut honores ut omnes dignitatis gradus sic huius
scientiae splendor deletus est idque eo indignius quod eo tempore hoc contigit cum is esset qui omnes superiores quibus honore
par esset scientia facile vicisset. Haec igitur opera grata multis et ad beneficiis obstringendos homines
accommodata.
Versione tradotta
Invece in quell'altro genere di
elargizione che parte dalla generosità non dobbiam adottare un'unica regola nelle diverse occasioni. Altra è la condizione di
colui che è schiacciato da una sciagura, altra è quella di colui che cerca di migliorare senza trovarsi in alcuna
avversità.
La beneficenza dovrà essere più sollecita verso i disgraziati,
a meno che non saranno degni per caso della loro disgrazia. Tuttavia verso quelli che vogliono essere aiutati, non per evitare
la rovina, ma per ascendere ad un grado superiore, non dobbiamo essere in alcun modo avari, ma dobbiamo usare un oculato
giudizio nella scelta degli uomini capaci. Assai saggiamente dice Ennio:
63
Dal beneficio, dato ad un uomo onesto e grato si ricava doppio frutto e dall'individuo stesso e anche dagli altri.
Se si tiene lontana l'avventatezza, la generosità è qualità graditissima, ed i più la lodano con tanto maggior zelo, per il
fatto che la bontà dei cittadini più ragguardevoli diventa il rifugio comune di tutti. Ci si deve adoperare sì da concedere al
maggior numero di persone possibili i benefici, il cui ricordo si trasmetta ai figli ed ai posteri, perché non sia loro lecito
essere ingrati. Tutti odiano colui che è immemore del beneficio, pensano che quell'offesa nell'abbandonare la generosità sia
rivolta anche contro loro stessi, e che l'ingrato sia il nemico comune degli umili. Inoltre questa generosità è utile anche
allo Stato, il riscattare i prigionieri dalla schiavitù, l'arricchire i poveri; che appunto questo fu, di solito, il
comportamento del nostro ordine, lo vediamo scritto, con abbondanza di esempi, nell'orazione di Crasso. Preferisco, dunque, di
gran lunga questa consuetudine di generosità alla concessione di donativi; il primo tipo è proprio degli uomini seri e grandi,
il secondo quasi di adulatori del popolo che, per cosi dire, solleticano col piacere la frivolezza della
massa.
Converrà esser munifici nel dare e nell'esigere evitare la
rigidezza e così esser giusti ed accomodanti nel trattare ogni tipo d'affare, nel vendere e nel coprare, nel dare e nel
prendere in affitto, negli affari di vicinato e di confine, cedendo a molti molte cose dei proprio di ritto e tenendosi lontani
dalle liti per quanto sia lecito e non so se un po' di più di quanto sia lecito. Infatti non solo, è generoso, ma talvolta
anche fruttuoso rinunziare un po', talora, al proprio diritto. Si deve aver cura dei patrimonio familiare, in quanto è
scandaloso lasciarlo cadere in rovina, ma (lo si deve curare) in modo da tener lontano ogni sospetto d'ingenerosità e di
avarizia: il poter essere generosi senza spogliarsi del proprio patrimonio è, certamente, il frutto più grande del denaro.
Teofrasto loda, a giusta ragione, l'ospitalità; è assai decoroso, pure secondo il mio parere, che le case degli uomini insigni
siano aperte ad ospiti insigni, ed è anche motivo di lustro per lo Stato che gli stranieri non manchino in Roma di questo
genere di liberalità.
E' peraltro anche assai utile per coloro che vogliono onestamente acquistare un gran nome, avere
molto credito e favore presso i popoli stranieri per mezzo degli ospiti. Teofrasto scrive che Cimone in Atene era ospitale
anche verso i suoi compaesani Laciadi; infatti aveva impartito istruzioni ed ordini ai suoi fattori che qualunque Laciade
capitasse nella sua tenuta fosse rifornito di ognì cosa.
Quei
benefici che si fanno non con donazioni, ma con la nostra opera, tornano a vantaggio di tutto lo Stato e dei singoli cittadini.
Infatti l'assistere nei processi, il consigliare e giovare a quanti più è possibile con questo tipo di scienza riguarda molto
l'aumento delle ricchezze e della popolarità. Perciò molte sono le insigni applicazioni dei nostri antenati, e tra queste il
fatto che furono sempre in grandissimo onore la conoscenza e l'interpretazione del diritto civile, cosi ben ordinato. I
principali cittadini, prima di questo sconvolgimento dei tempi, ne conservarono sempre il privilegio; ora come le cariche, come
tutti i gradi della dignità, cosi è stato soffocato lo splendore di questa scienza, e questo con infamia tanto maggiore, per il
fatto che ciò è avvenuto proprio nel tempo in cui era in vita una persona che avrebbe vinto facilmente, colla sua conoscenza
giuridica, tutti i predecessori, ai quali era già pari in onore. Questo aiuto torna gradito a molti e adatto a legare gli
uomini coi benefici.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone