Exim diversi ordiantur, hic magnitudinem Romanam, opes Caesaris et victis gravis poenas, in deditionem venienti paratam clementiam; neque coniugem et filium eius hostiliter haberi: ille fas patriae, libertatem avitam, penetralis Germaniae deos, matrem precum sociam; ne propinquorum et adfinium, denique gentis suae desertor et proditor quam imperator esse mallet. Paulatim inde ad iurgia prolapsi quo minus pugnam consererent ne flumine quidem interiecto cohibebantur, ni Stertinius adcurrens plenum irae armaque et equum poscentem Flavum attinuisset. Cernebatur contra minitabundus Arminius proeliumque denuntians; nam pleraque Latino sermone interiaciebat, ut qui Romanis in castris ductor popularium meruisset.
Versione tradotta
Iniziarono a parlare da una parte e dall'altra, questo (Flavo) esaltava la grandezza romana, le opere di Cesare e le severe pene contro i vinti, la clemenza rivolta verso coloro che si arrendevano; nè la moglie e suo figlio aveva in ostilità: quello (Arminio) ricordava la religione della patria, l'antica libertà, gli dei della nazione germana, la madre alleata nelle preghiere; perchè egli non volesse essere disertore dei parenti, degli amici e del suo popolo, e non preferisse essere traditore piuttosto che capo. A poco a poco dunque, scesi agli insulti per poco non combatterono, nè sarebbero stati frenati dal fiume che scorreva in mezzo, se Stertinio, accorso, non avesse trattenuto Flavo pieno di ira e che chiedeva armi e cavallo. Si vedeva dall'altro lato Arminio minaccioso e che provocava battaglia; infatti mischiava molte parole in latino, poichè aveva prestato servizio nell'accampamento romano come comandante dei suoi connazionali.
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