Marcus: Quid quod multa perniciose multa pestifere sciscuntur in populis quae non magis legis nomen adtingunt quam si latrones aliqua consensu suo sanxerint? Nam neque medicorum praecepta dici vere possunt si quae inscii inperitique pro salutaribus mortifera conscripserint neque in populo lex cuicuimodi fuerit illa etiam si perniciosum aliquid populus acceperit. Ergo est lex iustorum iniustorumque distinctio ad illam antiquissimam et rerum omnium principem expressa naturam ad quam leges hominum diriguntur quae supplicio inprobos adficiunt defendunt ac tuentur bonos.
Quintus: Praeclare intellego nec vero iam aliam esse ullam legem puto non modo habendam sed ne appellandam quidem.
Versione tradotta
Marco: - E che dire del fatto che vengono sancite molte disposizioni dannose nei confronti dei popoli, molte persino esiziali, ma ciò nonostante queste non portano il nome di legge, peggio che se dei furfanti le avessero stabilite nelle loro bande? Infatti non si possono chiamare realmente prescrizioni dei medici nel caso che essi, per ignoranza ed imperizia, abbiano prescritto sostanze letali in luogo di salutari, e nemmeno una legge relativa a un popolo, qualunque essa sia, può essere detta legge, posto che il popolo ne abbia ricevuto qualche danno. La legge pertanto è la distinzione del giusto e dell'ingiusto manifestata in conformità alla natura, che è il più antico e principale di tutti gli elementi a cui fanno riferimento le leggi umane, che colpiscono con pene i malvagi, e difendono e proteggono gli onesti.
Quinto: - Capisco perfettamente e penso che ormai non solo non si dovrebbe considerare tale alcuna altra legge, ma nemmeno denominarla così.
- Letteratura Latina
- Libro 2
- Cicerone
- De Legibus