Eneide, Libro 2, traduzione vv. 228-267 - Studentville

Eneide, Libro 2, traduzione vv. 228-267

Tum vero tremefacta novus per pectora cunctis
insinuat pavor, et scelus expendisse merentem
Laocoonta ferunt, sacrum

qui cuspide robur
laeserit et tergo sceleratam intorserit hastam.
ducendum ad sedes simulacrum orandaque divae
numina

conclamant.
dividimus muros et moenia pandimus urbis.
accingunt omnes operi pedibusque rotarum
subiciunt lapsus, et

stuppea vincula collo
intendunt; scandit fatalis machina muros
feta armis. pueri circum innuptaeque puellae
sacra

canunt funemque manu contingere gaudent;
illa subit mediaeque minans inlabitur urbi.
o patria, o divum domus Ilium et

incluta bello
moenia Dardanidum. quater ipso in limine portae
substitit atque utero sonitum quater arma

dedere;
instamus tamen immemores caecique furore
et monstrum infelix sacrata sistimus arce.
tunc etiam fatis aperit

Cassandra futuris
ora dei iussu non umquam credita Teucris.
nos delubra deum miseri, quibus ultimus esset
ille dies,

festa velamus fronde per urbem.
Vertitur interea caelum et ruit Oceano nox
involvens umbra magna terramque

polumque
Myrmidonumque dolos; fusi per moenia Teucri
conticuere; sopor fessos complectitur artus.
et iam Argiva

phalanx instructis navibus ibat
a Tenedo tacitae per amica silentia lunae
litora nota petens, flammas cum regia

puppis
extulerat, fatisque deum defensus iniquis
inclusos utero Danaos et pinea furtim
laxat claustra Sinon. illos

patefactus ad auras
reddit equus laetique cavo se robore promunt
Thessandrus Sthenelusque duces et dirus Ulixes,

demissum lapsi per funem, Acamasque Thoasque
Pelidesque Neoptolemus primusque Machaon
et Menelaus et ipse doli

fabricator Epeos.
invadunt urbem somno vinoque sepultam;
caeduntur vigiles, portisque patentibus omnis
accipiunt

socios atque agmina conscia iungunt.

Versione tradotta

Allora davvero nei cuori atterriti a tutti si insinua

un nuovo terrore e dicono che Laocoonte meritandolo
ha pagato il delitto, lui che violò con la punta il rovere
sacro

e scagliò la lancia sciagurata nel fianco.
Gridano che si deve condurre nelle case la statua e pregare
la maestà della

dea.
Dividiamo le mura ed i baluardi apriamo della città.
Tutti s’accingono all’opera ed ai piedi mettono

scorrimenti
di ruote e tendono al collo corde di stoppa;
la macchina fatale sale le mura
piena di armi. Attorno

ragazzi e vergini fanciulle
cantano inni e gioiscono toccare la fune con mano;
ella avanza e minacciando scorre in mezzo

alla città.
O patria, o Ilio, casa degli dei e mura dei Dardanidi
famose in guerra. Quattro volte sulla soglia stessa

della porta
tentennò e quattro volte nel ventre le armi diedero un suono.
Insistiamo tuttavia smemorati e ciechi di

pazzia
e sistemiamo il mostro funesto nella rocca consacrata.
Allora anche Cassandra apre la bocca ai fati futuri
mai

creduta dai Teucri per ordine del dio.
Noi miseri, per i quali sarebbe stato l’ultimo quel giorno,
orniamo i templi di

fronde festosa per la città.
Intanto il cielo gira e dall’Oceano corre la notte
avvolgendo con la grande ombra e terra e

polo
ed inganni dei Mirmidoni; sparsi per le mura i Teucri
tacquero; il sopore abbraccia le stanche membra.
E ormai

la falange argiva, allestite le navi, andava
da Tenedo nei complici silenzi della tacita luna
cercando i noti lidi,

quando la poppa regia aveva alzato
fiamme, e difeso dagli iniqui fati degli dei
Sinone apre furtivamente i Danai richiusi

nel ventre le prigioni di pino.
Il cavallo spalancato li restituisce
all’aria e lieti si traggono dal cavo rovere
i

capi Tessandro e Stenelo ed il crudele Ulisse,
scivolati dalla fune calata, Acamante e Toante
ed il pelide Neottolemo e

Macaone per primo
e Menelao e lo stesso costruttore dell’inganno Epeo.
Invadono la città sepolta nel sonno e nel

vino;
sono sgozzate le guardie, e spalancandosi le porte accolgono
tutti i compagni e uniscono le schiere alleate.

  • Letteratura Latina
  • Libro 2
  • Virgilio

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti