Eneide, Libro 2, traduzione vv. 318-360 - Studentville

Eneide, Libro 2, traduzione vv. 318-360

Ecce autem telis

Panthus elapsus Achivum,
Panthus Othryades, arcis Phoebique sacerdos,
sacra manu victosque deos parvumque nepotem

ipse trahit cursuque amens ad limina tendit.
‘quo res summa loco, Panthu? quam prendimus arcem?’
vix ea fatus

eram gemitu cum talia reddit:
‘venit summa dies et ineluctabile tempus
Dardaniae. fuimus Troes, fuit Ilium et ingens

gloria Teucrorum; ferus omnia Iuppiter Argos
transtulit; incensa Danai dominantur in urbe.
arduus armatos mediis in

moenibus astans
fundit equus victorque Sinon incendia miscet
insultans. portis alii bipatentibus adsunt,
milia quot

magnis umquam venere Mycenis;
obsedere alii telis angusta viarum
oppositis; stat ferri acies mucrone corusco
stricta,

parata neci; vix primi proelia temptant
portarum vigiles et caeco Marte resistunt.’
talibus Othryadae dictis et

numine divum
in flammas et in arma feror, quo tristis Erinys,
quo fremitus vocat et sublatus ad aethera clamor.

addunt se socios Rhipeus et maximus armis
Epytus, oblati per lunam, Hypanisque Dymasque
et lateri adglomerant

nostro, iuvenisque Coroebus
Mygdonides – illis ad Troiam forte diebus
venerat insano Cassandrae incensus amore
et

gener auxilium Priamo Phrygibusque ferebat,
infelix qui non sponsae praecepta furentis
audierit.
quos ubi confertos

ardere in proelia vidi,
incipio super his: ‘iuvenes, fortissima frustra
pectora, si vobis audentem extrema

cupido
certa sequi, quae sit rebus fortuna videtis:
excessere omnes adytis arisque relictis
di quibus imperium hoc

steterat; succurritis urbi
incensae. moriamur et in media arma ruamus.
una salus victis nullam sperare

salutem.’
sic animis iuvenum furor additus. inde, lupi ceu
raptores atra in nebula, quos improba ventris
exegit

caecos rabies catulique relicti
faucibus exspectant siccis, per tela, per hostis
vadimus haud dubiam in mortem

mediaeque tenemus
urbis iter; nox atra cava circumvolat umbra.

Versione tradotta

Ma ecco Panto sfuggito alle armi degli

Achivi,
Panto Otriade, sacerdote della rocca e di Apollo,
egli trascina per mano le cose sacre e gli dei vinti ed il

piccolo
nipote e pazzo di corsa tende alle porte.
“Dove la situazione estrema, Panto? che baluardo prendiamo?
appena

così avevo parlato che con gemito grida:
“E’ giunto il giorno estremo ed il momento ineluttabile
della Dardania. Fummo

Troiani, fu Ilio e l’immensa
gloria dei Teucri; il crudele Giove tutto trasferì
ad Argo; i Danai dominano nella città

incendiata.
L’alto cavallo stando in mezzo alle mura versa
armati e Sinone vincitore esultante sparge
incendi. Altri

si presentano alle porte spalancate,
quante migliaia mai vennero dalla grande Micene;
altri occuparono con le armi

spianate le vie strette;
la schiera serrata sta con la punta lampeggiante
della spada, pronta alla strage; a stento le

prime guardie
delle porte tentano scontri e resistono con Marte cieco”.
Da tali parole dell’Ootriade e dalla volontà

degli dei
sono portato tra le fiamme e tra le armi, dove la triste Erinni,
dove il fragore chiama ed il grido alzato al

cielo.
Si aggiungono compagni Rifeo ed Epito grandissimo
in armi offertisi dalla luna, ed Ipani e Dimante
e s’uniscono

al nostro fianco ed il Giovane Corebo
migdonide - per caso era giunto in quei giorni a Troia
acceso di pazzo amore per

Cassandra
e da genero portava aiuto a Priamo ed ai Frigi,
infelice, da non ascoltare i consigli della

promessa
invasata...
Come li vedo riuniti bruciare per gli scontri,
sopra essi comincio: “Giovani, cuori

invano
fortissimi, se l’estrema volontà è sicura in voi di seguire
chi osa, vedete quale sia la fortuna della

situazione:
se ne sono andati, abbandonati i penetrali e gli altari,
tutti gli dei, per i quali questo regno era durato;

voi soccorrete
una città incendiata. Moriamo e gettiamoci in mezzo alle armi.
Una sola speranza per i vinti: sperare

nessuna salvezza”.
Così si aggiunse furore nei cuori dei giovani. Poi, come lupi
rapaci in nera nebbia, che ciechi la

malvagia
fame ha spinto ed i cuccioli lasciati aspettano
con le fauci secche, tra armi, tra nemici
andiamo ad una

morte non dubbia e teniamo la via
del centro della città; una notte nera avvolge di cava ombra.

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