Ab urbe condita - Libro 21, Par. 29 - Studentville

Ab urbe condita - Libro 21, Par. 29

Dum elephanti traiciuntur, interim Hannibal Numidas equites quingentos ad castra

Romana miserat speculatuni ubi et quantae copiae essent et quid pararent. Huic alae equitum missi, ut ante dictuin est, ab

ostio Rhodani trecenti Romanoruin equites occurrunt. Proeliuni atrocius quam pro numero pugnantium editur; nam praeter multa

vulnera caedes etiam prope par utrinique fuit, fugaque et pavor Numidarimi Romanis iani admodum fessis victoriam dedit.

Victores ad centum sexaginta, nec orimes Romani sed pars Gallorum, victi amplius ducenti ceciderunt. Hoc principium simul

omenque belli ut summae rerum prosperuin eventum, ita haud sane incruentam ancipitisque certaminis victoriam Romanis portendit.

Ut re ita gesta ad utrumque ducem sui redierunt, nec Scipioni stare sententia poterat nisi ut ex consiliis coeptisque hostis et

ipse conatus caperet, et Hannibalem, incertuin utrum coeptum in Italiani intenderet iter an cum eo qui primus se obtulisset

Romanus exercitus manus consèreret, avertit a praesenti certamine Boioruin legatorum. regulique Magali adventus, qui se duces

itinerum, socios periculi fore adfirmantes, integro bello nusquam ante libatis viribus Italiani adgrediendam censent. Multitudo

timebat quideni hostem nondum oblitterata memoria superioris belli; sed magis iter immensum Alpesque, reni fama utique

inexpertis horrendam, metuebat.

Versione tradotta

Mentre gli elefanti venivano traghettati, Annibale aveva mandato cinquecento cavalieri Numidi in

direzione degli accampamenti romani per una ricognizione: voleva sapere dove fossero le truppe romane, quanto numerose fossero

e cosa stessero preparando. I trecento cavalieri romani fatti partire, come ho raccontato prima, dalla foce del Rodano, si

imbatterono in questo reparto di cavalleria: ne nacque uno scontro più sanguinoso di quanto ci si potesse aspettare

dall'esiguo numero dei combattenti. Infatti, anche a non tener conto dei molti feriti, vi fu quasi uguale strage sui due

fronti e solo la fuga dei Numidi spaventati diede la vittoria ai Romani già molto stanchi. I vincitori registrarono

centoquaranta caduti (non tutti romani ma anche, in parte, galli), gli sconfitti più di duecento. Questo primo episodio del

conflitto - una sorta di presagio dell'intera guerra - preannunciò ai Romani l'esito nel complesso favorevole delle

ostilità, ma anche una vittoria non certo incruenta a conclusione di una contrapposizione a lungo incerta. Dopo questo

combattimento i cavalieri fecero ritorno presso i comandanti: Scipione non aveva altro proposito che prendere a sua volta

iniziative sulla base delle decisioni e delle opere già intraprese dal nemico; Annibale era invece incerto se proseguire il

viaggio portandosi in Italia o se venire invece ad uno scontro con quel primo esercito romano che gli si era parato davanti. Lo

distolse dallo scendere subito a battaglia l'arrivo degli ambasciatori dei Boi e del loro capo Magalo, i quali affermarono

che lo avrebbero guidato nel viaggio e sarebbero stati suoi compagni nel pericoli, esprimendo il parere che si dovesse giungere

in Italia senza aver prima effettuato azioni di guerra e senza che in nessun caso prima fossero state intaccate le forze

cartaginesi. Il ricordo della guerra precedente non si era ancora cancellato e la massa dei soldati temeva il nemico ma era

addirittura terrorizzata dal lunghissimo viaggio attraverso le Alpi: un'impresa, si diceva, da mettere i brividi soprattutto

a chi non ne aveva mai fatto esperienza.

  • Letteratura Latina
  • Ab urbe condita
  • Livio
  • Ab urbe condita

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti