Ab urbe condita - Libro 21, Par. 4, 3-7 - Studentville

Ab urbe condita - Libro 21, Par. 4, 3-7

Plurimum audaciae ad pericula capessenda, plurimum consilii inter ipsa pericula erat. Nullo labore aut

corpus fatigari aut animus vinci poterat. Caloris ac frigoris patientia par; cibi potionisque desiderio naturali, non voluptate

modus finitus; vigiliarum somnique nec die nec nocte discriminata tempora; id quod gerendis rebus superesset quieti datum; ea

neque molli strato neque silentio accersita; multi saepe militari sagulo opertum humi iacentem inter custodias stationesque

milituni conspexerunt. Vestitus nihil inter aequales excellens: arma atque equi conspiciebantur. Equitum pedituinque ideni

longe primus erat; princeps in proelium ibat, ultimus conserto proelio excedebat. Has tantas viri virtutes ingentia vitia

aequabant, inhumana crudelitas, perfidia plus quam Punica, nihil veri, nihil sancti, nullus deum metus, nullum ius iurandum,

nulla religio. Cum hac indole virtutum atque vitiorum triennio sub Hasdrubale imperatore meruit, nulla re quae agenda

videndaque magno futuro ducisset praetermissa.

Versione tradotta

Era il più audace di tutti nell'affrontare i pericoli, il più avveduto nel gestirli e non c'era fatica in grado

di fiaccargli il corpo o piegargli l'anima; sopportava ugualmente caldo e freddo e, quanto al cibo e alle bevande, seguiva

non il suo piacere ma le semplici esigenze naturali. Dormiva e vegliava non secondo il ritmo dei giorno e della notte, ma

semplicemente riservando al riposo il tempo che i suoi incarichi gli concedevano; non aveva poi bisogno di un morbido giaciglio

o di silenzio e non era infrequente vederlo disteso terra, tra gli avamposti e le stazioni di guardia, avvolto in un mantello

di ordinanza. L'abbigliamento non lo distingueva affatto dai pari grado, mentre ben evidenti erano i suoi cavalli e le sue

armi. Era di gran lunga il migliore tra i cavalieri, ma anche tra i fanti; il primo ad affrontare la battaglia, l'ultimo ad

andarsene. Ma in un un uomo di tali qualità e valore, la contropartìta era data da vizi immensi: una crudeltà mai vista in

altra persona, una slealtà che lo rendeva peggiore della sua stessa origine cartaginese, disprezzo per le cose più vere e più

sacre, spregio assoluto per gli dèi, per i giuramenti, per i vincoli religiosi. Con questo patrimonio di vizi e di virtù,

militò per tre anni sotto Asdrubale, senza trascurare alcuna cosa che un futuro grande comandante dovesse compiere o

conoscere.

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