Libro 3 - Favola 10 - Studentville

Libro 3 - Favola 10

Periculosum est credere et non credere. Utriusque exemplum breviter adponam rei.

Hippolytus obiit, quia novercae creditum est; Cassandrae quia non creditum, ruit Ilium. Ergo exploranda est veritas multum,

prius quam stulte prava iudicet sententia Sed, fabulosam ne vetustatem eleves, narrabo tibi memoria quod factum est mea.

Maritus quidam cum diligeret coniugem, togamque puram iam pararet filio, seductus in secretum a liberto est suo, sperante

heredem suffici se proximum. Qui, cum de puero multa mentitus foret et plura de flagitiis castae mulieris, adiecit, id quod

sentiebat maxime doliturum amanti, ventitare adulterum stuproque turpi pollui famam domus. Incensus ille falso uxoris crimine

simulavit iter ad villam, clamque in oppido subsedit; deinde noctu subito ianuam intravit, recta cubiculum uxoris petens, in

quo dormire mater natum iusserat, aetatem adultam servans diligentius. Dum quaerunt lumen, dum concursant familia, irae

furentis impetum non sustinens ad lectum vadit, temptat in tenebris caput. Ut sentit tonsum, gladio pectus transigit, nihil

respiciens dum dolorem vindicet. Lucerna adlata, simul adspexit filium sanctamque uxorem dormientem [illum prope], sopita primo

quae nil somno senserat, representavit in se poenam facinoris et ferro incubuit quod credulitas strinxerat. Accusatores

postularunt mulierem, Romamque pertraxerunt ad centumviros. Maligna insontem deprimit suspicio, quod bona possideat. Stant

patroni fortiter causam tuentes innocentis feminae. A divo Augusto tum petiere iudices ut adiuvaret iuris iurandi fidem, quod

ipsos error implicuisset criminis. Qui postquam tenebras dispulit calumniae certumque fontem veritatis repperit, “Luat” inquit

“poenas causa libertus mali; namque orbam nato simul et privatam viro miserandam potius quam damnandam existimo. Quod si delata

perscrutatus crimina pater familias esset, si mendacium subtiliter limasset, a radicibus non evertisset scelere funesto domum.”

Nil spernat auris, nec tamen credat statim, quandoquidem et illi peccant quos minime putes, et qui non peccant impugnantur

fraudibus. Hoc admonere simplices etiam potest, opinione alterius ne quid ponderent. Ambitio namque dissidens mortalium aut

gratiae subscribit aut odio suo. Erit ille notus quem per te congnoveris. Haec exsecutus sum propterea pluribus, brevitate

nimia quoniam quosdam offendimus.

Versione tradotta

E’ pericoloso credere e non credere. Darò brevemente un esempio di entrambe le cose. Ippolito

morì, perché si credette alla matrigna; perché non si credette a Cassandra, crollò Ilio. Perciò bisogna esplorare molto la

verità, prima che stoltamente una brutta sentenza giudichi. Ma, per non innalzare la favolosa antichità, ti narrerò ciò che

avvenne nella mia epoca. Un marito amando la moglie, ed ormai preparava la pura toga per il figlio, fu chiamato a parte in

segreto da un suo liberto, che sperava di esser pronto ad esser prossimo erede. E lui, dopo aver mentito molto sul figlio e

parecchie cose sui vizi della casta moglie, aggiunse, ciò che sentiva che avrebbe soprattutto fatto dispiacere a chi ama, che

un adultero andava e veniva e che la fama della casa era guastata da una grave vergogna. Acceso egli dalla falsa accusa della

moglie simulò un viaggio in fattoria, di nascosto si fermò in città; poi di notte improvvisamente varcò la porta; dirigendosi

direttamente alla camera della moglie, in cui la madre aveva ordinato che il figlio dormisse,
osservando piuttosto

scrupolosamente l’età adulta. Mentre cercano il lume, mentre accorrono la servitù, non trattenendo l’impeto dell’ira furiosa va

verso il letto, cerca nelle tenebre la testa. Come lo sente rasata, con la spada trapassa il petto, non guardando nulla pur di

vendicare il dolore. Portata la lucerna, vide il figlio insieme e la santa moglie che dormiva vicino a lui, che assopitasi nel

primo sonno nulla aveva sentito, eseguì contro di sé la pena del delitto e si buttò sul ferro che la credulità aveva impugnato.

Gli accusatori interrogarono la donna,
la portarono a Roma dai centumviri. Un maligno sospetto opprime l’innocente, per il

fatto di possedere i beni. Gli avvocati insistettero con forza difendendo la causa della donna innocente. Al divino Augusto poi

i giudici chiesero che aiutasse la lealtà del giuramento, poiché la difficoltà dell’accusa li aveva confusi. E lui dopo che

dissipò le tenebre della calunnia e trovò la sicura fonte della verità, ”Paghi, disse, il fio il liberto causa del male;

infatti credo che priva del figlio privata del marito
sia piuttosto da compiangere che da condannare. Che se il capo

famiglia avesse analizzato le accuse presentate, se avesse esaminato sottilmente
la menzogna, non avrebbe stravolto dalle

radici una casa con un tragico delitto.” Nulla l’orecchio disprezzi, ma non creda tuttavia subito,
a volte sbagliano anche

quelli che non penseresti affatto, e quelli che non sbagliano sono assediati dalle frodi. Questo può ammonire anche i semplici,

perché non valutino con l’idea di un altro. Ambizione dei mortali infatti dividendo o si appoggia al favore o al proprio odio.

Sarà conosciuto quello che per mezzo di te tu avrai conosciuto. Mi sono dilungato con più cose su queste per questo, poiché

offendiamo alcuni con la troppa brevità.

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  • Fedro

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