Libro 3 - Favola 13 - Studentville

Libro 3 - Favola 13

Apes in alta fecerant quercu favos. Hos

fuci inertes esse dicebant suos. Lis ad forum deducta est, vespa iudice; quae, genus utrumque nosset cum pulcherrime, legem

duabus hanc proposuit partibus: “Non inconveniens corpus et par est color, in dubium plane res ut merito venerit. Sed, ne

religio peccet inprudens mea, alvos accipite et ceris opus infundite, ut ex sapore mellis et forma favi, de quis nunc agitur,

auctor horum appareat.” Fuci recusant, apibus condicio placet. Tunc illa talem rettulit sententiam: “Apertum est quis non

possit et quis fecerit. Quapropter apibus fructum restituo suum.” Hanc praeterissem fabulam silentio, si pactam fuci non

recusassent fidem.

Versione tradotta

Le api avevano fatto i favi su di un’alta quercia. I fuchi ignavi dicevano che questi erano loro. La lite fu portata in

piazza, giudice la vespa;
e questa, conoscendo benissimo entrambe le razze, propose questa legge ai due partiti: ”Non

dissimile il corpo ed uguale è il colore, che giustamente la cosa è giunta chiaramente in dubbio. Ma, perché il mio scrupolo

imprudente non sbagli, prendete le arnie e versate il contenuto nella cera, perché dal sapore del miele e dalla forma del favo,

di cui ora si tratta, appaia l’autore di questi.” I fuchi rifiutano, alle api la condizione piace. Allora ella diede tale

sentenza: ”E’ chiaro chi non possa e chi abbia fatto. Perciò alle api restituisco il loro frutto.” Avrei tralasciato nel

silenzio questa favola, se i fuchi non avessero rifiutato questa parola pattuita.

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