Libro 3 - Favola 7 - Studentville

Libro 3 - Favola 7

Quam dulcis sit libertas breviter proloquar. Cani

perpasto macie confectus lupus forte occurrit; dein, salutati invicem ut restiterunt,” Unde sic, quaeso, nites? Aut quo cibo

fecisti tantum corporis? Ego, qui sum longe fortior, pereo fame.” Canis simpliciter: “Eadem est condicio tibi, praestare domino

si par officium potes.” “Quod?” inquit ille. “Custos ut sis liminis, a furibus tuearis et noctu domum. Adfertur ultro panis; de

mensa sua dat ossa dominus; frusta iactat familia, et quod fastidit quisque pulmentarium. Sic sine labore venter impletur

meus.” “Ego vero sum paratus: nunc patior nives imbresque in silvis asperam vitam trahens. Quanto est facilius mihi sub tecto

vivere, et otiosum largo satiari cibo!” “Veni ergo mecum.” Dum procedunt, aspicit lupus a catena collum detritum cani. “Unde

hoc, amice?” “Nil est.” “Dic, sodes, tamen.” “Quia videor acer, alligant me interdiu, luce ut quiescam, et vigilem nox cum

venerit: crepusculo solutus qua visum est vagor.” “Age, abire si quo est animus, est licentia?” “Non plane est” inquit. “Fruere

quae laudas, canis; regnare nolo, liber ut non sim mihi.”

Versione tradotta

Quanto sia dolce la libertà,

brevemente esporrò. Un lupo consumato dalla magrezza s’imbattè per caso in un cane ben pasciuto; poi, salutatisi

scambievolmente quando (come) si fermarono, “Come risplendi così, prego?” O con che cibo ingrassasti tanto (lett. facesti tanto

di corporatura)? Io, che sono lungamente più forte, muoio di fame.” Il cane semplicemente: “C’è la stessa condizione per te, se

puoi offrire al padrone lo stesso compito.” ”Quale?” dice lui. “Che sia guardia della soglia, difenda anche di notte la casa

dai ladri.Viene offerto in più il pane, dalla sua mensa il padrone dà le ossa; la servitù getta bocconi, e quel companatico che

uno rifiuta. Così senza fatica il mio ventre si riempie.” ”Io allora sono pronto: ora patisco nevi e piogge tirando una vita

dura nei boschi. Quanto mi è più facile vivere sotto un tetto, e saziarsi di cibo abbondante.” ”Vieni dunque con me.” Mentre

avanzano, il lupo vede al cane il collo rovinato dalla catena. ”Come mai questo, amico?” “E’ niente”. “Ebbene, dillo, se vuoi.”

“Poiché sembro cattivo, talvolta mi legano, perché riposi con la luce e vegli, quando sia giunta la notte: liberato al

crepuscolo, vago dove mi è parso”. ”Su, si a volte c’è voglia di andare, c’è libertà?” ”Non c’è davvero” dice. “Godi le cose

che lodi, cane; non voglio regnare, per non esser libero per me.”

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