Leguntur eadem
ratione ad senatum Allobrogum populumque litterae. Si quid de his rebus dicere vellet, feci potestatem. Atque ille primo quidem
negavit; post autem aliquanto, toto iam indicio eito atque edito, surrexit; quaesivit a Gallis, quid sibi esset cum iis, quam
ob rem domum suam venissent, itemque a Volturcio. Qui cum illi breviter constanterque respondissent, per quem ad eum
quotiensque venissent, quaesissentque ab eo, nihilne secum esset de fatis Sibyllinis locutus, tum ille subito scelere demens,
quanta conscientiae vis esset, ostendit. Nam, cum id posset infitiari, repente praeter opinionem omnium confessus est. Ita eum
non modo ingenium illud et dicendi exercitatio, qua semper valuit, sed etiam propter vim sceleris manifesti atque deprehensi
inpudentia, qua superabat omnis, inprobitasque defecit.
Versione tradotta
Vengono lette le lettere dirette al Senato ed al popolo degli Allobrogi, dello stesso tenore.Diedi facoltà
di parlare a chi volesse dire qualcosa.Ed egli dapprima negò;dopo un po di tempo, con il manifestarsi di tutti gli indizi,
insorse:chiese ai Galli che cosa avessero con sé, per quale motivo fossero venuti a casa sua, e lo stesso chiesero a
Volturcio.Poiché quelli risposero brevemente e uniformenente chi di loro e quante volte erano stati a casa sua, e gli chiesero
se non fosse vero che aveva parlato loro dei responsi della Sibilla, allora egli, fuor di sé per il flagrante delitto, mostrò
quanta fosse la forza della sua coscienza.Infatti, pur potendo negare, dimprovviso, contrariamente alle aspettative di tutti,
confessò.In tal modo, non solo lo abbandonarono lingegno e larte del parlare, nella quale egli si era sempre distinto, ma
anche limpudenza sfrontata di chi viene catturato in flagrante delitto, nella quale superava tutti.
- Letteratura Latina
- Libro 3
- Cicerone
- Catilinarie