Pugnatum est diu atque acriter, cum Sotiates superioribus victoriis freti in sua virtute totius Aquitaniae salutem positam putarent, nostri autem, quid sine imperatore et sine reliquis legionibus adulescentulo duce efficere possent, perspici cuperent. Tandem confecti vulneribus hostes terga verterunt. Quorum magno numero interfecto Crassus ex itinere oppidum Sotiatium oppugnare coepit. Quibus fortiter resistentibus vineas turresque egit. Illi alias eruptione temptata, alias cuniculis ad aggerem vineasque actis – cuius rei sunt longe peritissimi Aquitani, propterea quod multis locis apud eos aerariae secturaeque sunt -, ubi diligentia nostrorum nihil his rebus profici posse intellexerunt, legatos ad Crassum mittunt, seque in deditionem ut recipiat petunt. Qua re impetrata arma tradere iussi faciunt.
Versione tradotta
Si combatté a lungo ed accanitamente, perché i Soziati confidando per le precedenti vittorie pensavano che la salvezza di tutta l’Aquitania fosse riposta nel proprio valore, i nostri invece desideravano che si notasse cosa si potesse ottenere senza il generale, senza le altre legioni e con un comandante giovincello. Finalmente i nemici battiti dai colpi voltarono le spalle. Ma uccisine un gran numero, Crasso in marcia cominciò ad assediare la città dei Soziati. Mentre essi resistevano valorosamente fece avanzare gallerie e torri. Essi, tentata una sortita da una parte, e da un’altra scavati cunicoli presso il terrapieno e le gallerie – di questa tecnica gli Aquitani sono espertissimi, per il fatto che presso di loro ci sono miniere e cave -, quando capirono che per l’attenzione dei nostri nulla si poteva ricavare da questi tentativi, mandano ambasciatori da Cesare e chiedono che li riceva nella resa. Ottenuta questa richiesta, obbligati a consegnare le armi, lo fanno.
- Letteratura Latina
- Libro 3
- Cesare
- De Bello Gallico