De finibus, Libro 3, Par. 65-66 (Mat. classica 1962) - Studentville

De finibus, Libro 3, Par. 65-66 (Mat. classica 1962)

Quod nemo in summa solitudine vitam

agere velit ne cum infinita quidem voluptatum abundantia, facile intellegitur nos ad coniunctionem congregationemque hominum et

ad naturalem communitatem esse natos. Inpellimur autem natura, ut prodesse velimus quam plurimis in primisque docendo

rationibusque prudentiae tradendis. Itaque non facile est invenire qui quod sciat ipse non tradat alteri; ita non solum ad

discendum propensi sumus, verum etiam ad docendum. Atque ut tauris natura datum est ut pro vitulis contra leones summa vi

impetuque contendant, sic ii, qui valent opibus atque id facere possunt, ut de Hercule et de Libero accepimus, ad servandum

genus hominum natura incitantur. Atque etiam Iovem cum Optimum et Maximum dicimus cumque eundem Salutarem, Hospitalem,

Statorem, hoc intellegi volumus, salutem hominum in eius esse tutela. Minime autem convenit, cum ipsi inter nos viles

neglectique simus, postulare ut diis inmortalibus cari simus et ab iis diligamur. Quem ad modum igitur membris utimur prius,

quam didicimus, cuius ea causa utilitatis habeamus, sic inter nos natura ad civilem communitatem coniuncti et consociati sumus.

Versione tradotta

Poiché nessuno vuole trascorrere la vita in somma solitudine neppure con infinita

abbondanza di piaceri, si capisce facilmente che noi siamo nati per un’unione e aggregazione di uomini e per una comunità

naturale. Siamo poi spinti dalla natura a voler giovare al maggior numero possibile di persone sia soprattutto insegnando sia

dando norme di saggezza. Pertanto non è facile trovare (qualcuno) che non insegni ad un altro ciò che egli stesso sa; così non

siamo solo propensi ad imparare ma anche ad insegnare. E come ai tori è stato dato dalla natura di combattere per i vitellini

contro i leoni con grandissima forza e slancio, così quelli che possiedono i mezzi e possono farlo, come sappiamo di Ercole e

di Libero, sono spinti dalla natura a salvare il genere umano. E anche quando chiamiamo Giove Ottimo e Massimo e per giunta

Salvatore, Ospitale, Statore, vogliamo che si capisca questo, che la salvezza degli uomini è nella sua protezione. D'altra

parte non si addice affatto, quando siamo tra di noi spregevoli e trascurati, chiedere di essere cari agli dei immortali e di

essere amati da loro. Come dunque ci serviamo delle membra prima di aver imparato per quale utilità le abbiamo, così siamo per

natura uniti e associati fra noi per (formare) una comunità di cittadini.

  • Letteratura Latina
  • De finibus bonorum et malorum di Cicerone
  • Cicerone

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