Quibus de rebus Caesar a Crasso certior factus, quod ipse aberat longius, naves interim longas aedificari in flumine Ligeri quod influit in Oceanum, remiges ex provincia institui, nautas gubernatoresque comparari iubet. His rebus celeriter administratis ipse, cum primum per anni tempus potuit, ad exercitum contendit. Veneti reliquaeque item civitates cognito Caesaris adventu, et de recipiendis obsidibus spem se fefellisse certiores facti, simul quod quantum in se facinus admisissent intellegebant – legatos, quod nomen apud omnes nationes sanctum inviolatumque semper fuisset, retentos ab se et in vincula coniectos -, pro magnitudine periculi bellum parare et maxime ea quae ad usum navium pertinent providere instituunt, hoc maiore spe quod multum natura loci confidebant. Pedestria esse itinera concisa aestuariis, navigationem impeditam propter inscientiam locorum paucitatemque portuum sciebant; neque nostros exercitus propter frumenti inopiam diutius apud se morari posse confidebant; ac iam ut omnia contra opinionem acciderent, tamen se plurimum navibus posse, Romanos neque ullam facultatem habere navium neque eorum locorum, ubi bellum gesturi essent, vada portus insulas novisse; ac longe aliam esse navigationem in concluso mari atque in vastissimo atque apertissimo Oceano perspiciebant. His initis consiliis oppida muniunt, frumenta ex agris in oppida comportant, naves in Venetiam, ubi Caesarem primum bellum gesturum constabat, quam plurimas possunt, cogunt. Socios sibi ad id bellum Osismos Lexovios Namnetes Ambiliatos Morinos Diablintes Menapios adsciscunt; auxilia ex Britannia, quae contra eas regiones posita est, arcessunt.
Versione tradotta
Informato di queste faccende da Crasso, Cesare, poiché egli era troppo lontano, ordina che intanto si costruissero navi da carico sul fiume Loira che sbocca nell’Oceano, che si comandassero rematori dalla provincia, che si preparassero marinai e comandanti. Disposti velocemente questi piani egli, appena poté a causa del periodo dell’anno, si diresse all’esercito.
I Veneti e similmente le altre nazioni, saputo l’arrivo di Cesare ed informati che la speranza di recuperare gli ostaggi era fallita, insieme perché capivano quale grave delitto avevano commesso – ambasciatori, nome che presso tutte le nazioni era stato sacro ed inviolato, arrestati da loro e gettati in catene -, per la gravità del pericolo decidono di preparare la guerra e provvedere soprattutto quelle cose che servissero per l’uso delle navi, questo con una maggiore speranza, perché confidavano della natura del luogo. Sapevano che le marce a piedi erano bloccate da lagune, la navigazione impacciata per l’ignoranza dei luoghi e la scarsità dei porti; confidavano che neppure i nostri eserciti potessero fermarsi troppo a lungo presso di loro per la mancanza di frumento; e anche se poi tutto accadesse contrariamente al loro pensiero, tuttavia loro potevano moltissimo con le navi, i Romani invece non avevano alcuna possibilità di navi neppure conoscevano secche, porti, isole di quei luoghi, dove stavano per far guerra; e prevedevano che era di gran lunga diversa la navigazione nel mare chiuso e nell’Oceano apertissimo. Intrapresi questi piani fortificano le città, portano cereali dalle campagne alle città, radunano il maggior numero possibile di navi nella Venezia, dove risultava che Cesare avrebbe dapprima dichiarato guerra. Si uniscono come alleati per tale guerra Osismi, Lessovi, Namneti, Ambiliati, Morini, Diablinti, Menapi; fanno venire aiuti dalla Britannia, che è situata dirimpetto a quelle regioni.
- Letteratura Latina
- Libro 3
- Cesare
- De Bello Gallico