De Officiis, Libro 3, Par. da 16 a 20 - Studentville

De Officiis, Libro 3, Par. da 16 a 20

Paragrafo 16
Itaque iis omnes in quibus

est virtutis indoles commoventur. Nec vero cum duo Decii aut duo Scipiones fortes viri commemorantur aut cum Fabricius aut

Aristides iustus nominatur aut ab illis fortitudinis aut ab his iustitiae tamquam a sapiente petitur exemplum; nemo enim horum

sic sapiens ut sapientem volumus intellegi nec ii qui sapientes habiti et nominati M. Cato et C. Laelius sapientes fuerunt ne

illi quidem septem sed ex mediorum officiorum frequentia similitudinem quandam gerebant speciemque

sapientium.

Paragrafo 17
Quocirca nec id quod vere honestum est fas est cum utilis

repugnantia comparari nec id quod communiter appellamus honestum quod colitur ab iis qui bonos se viros haberi volunt cum

emolumentis umquam est comparandum tamque id honestum quod in nostram intellegentiam cadit tuendum conservandumque nobis est

quam illud quod proprie dicitur vereque est honestum sapientibus; aliter enim teneri non potest si quae ad virtutem est facta

progressio. Sed haec quidem de his qui conservatione officiorum existimantur boni.

Paragrafo

18
Qui autem omnia metiuntur emolumentis et commodis neque ea volunt praeponderari honestate ii solent in deliberando

honestum cum eo quod utile putant comparare boni viri non solent. Itaque existimo Panaetium cum dixerit homines solere in hac

comparatione dubitare hoc ipsum sensisse quod dixerit solere modo non etiam oportere. Etenim non modo pluris putare quod utile

videatur quam quod honestum sit sed etiam haec inter se comparare et in his addubitare turpissimum est. Quid ergo est quod non

numquam dubitationem adferre soleat considerandumque videatur? Credo si quando dubitatio accidit quale sit id de quo

consideretur.

Paragrafo 19
Saepe enim tempore fit ut quod turpe plerumque haberi

soleat inveniatur non esse turpe. Exempli causa ponatur aliquid quod pateat latius. Quod potest maius scelus quam non modo

hominem sed etiam familiarem hominem occidere? Num igitur se adstrinxit scelere si qui tyrannum occidit quamvis familiarem?

Populo quidem Romano non videtur qui ex omnibus praeclaris factis illud pulcherrimum existimat. Vicit ergo utilitas honestatem?

Immo vero honestas utilitatem secuta est. Itaque ut sine ullo errore diiudicare possimus si quando cum illo quod honestum

intellegimus pugnare id videbitur quod appellamus utile formula quaedam constituenda est; quam si sequemur in comparatione

rerum ab officio numquam recedemus.

Paragrafo 20
Erit autem haec formula Stoicorum

rationi disciplinaeque maxime consentanea; quam quidem his libris propterea sequimur quod quamquam et a veteribus Academicis et

a Peripateticis vestris qui quondam idem erant qui Academici quae honesta sunt anteponuntur iis quae videntur utilia tamen

splendidius haec ab eis disserentur quibus quicquid honestum est idem utile videtur nec utile quicquam quod non honestum quam

ab iis quibus et honestum aliquid non utile aut utile non honestum. Nobis autem nostra Academia magnam licentiam dat ut

quodcumque maxime probabile occurrat id nostro iure liceat defendere. Sed redeo ad formulam.

Versione tradotta

Paragrafo 16
Perciò tutti coloro nei quali vi è una

naturale propensione alla virtù, ne sono attratti. Infatti, quando si ricordano come uomini coraggiosi i due Deci o i due

Scipioni, o quando si dà l'appellativo di 'giusto' a Fabrizio o ad Aristide, non si richiede un esempio da quelli di

fortezza o da questi di giustizia come da un sapiente; giacché nessuno di questi fu sapiente a tal punto da corrispondere al

nostro modello di sapiente, né quelli che furono ritenuti e chiamati sapienti, Marco Catone e Gaio Lelio, furono veramente

tali, e neppure i famosi sette, ma dall'applicazione assidua dei doveri relativi avevano una certa somiglianza e apparenza di

sapienti.

Paragrafo 17
Per questo non è lecito paragonare con ciò che si oppone

all'utile quanto è veramente onesto, e neppure quanto chiamiamo comunemente onesto, che è praticato da quelle persone che

vogliano esser ritenute oneste, si deve mai paragonare coi vantaggi materiali; si deve difendere e conservare da parte nostra

tanto quell'onesto che rientra nell'ambito della nostra intelligenza, quanto quello che è detto con proprietà e verità,

onesto da parte dei sapienti; altrimenti non è possibile conservare gli eventuali progressi compiuti sulla via della virtù. Ma

questi suggerimenti riguardano coloro che sono stimati buoni per l'adempimento continuo dei loro

doveri.

Paragrafo 18
Coloro che, al contrario, misurano ogni cosa in base al guadagno

o al vantaggio personale e non vogliono che l'onestà abbia il sopravvento su ciò, sono soliti, nel prendere una decisione,

mettere a confronto l'onesto con ciò che ritengono utile, mentre gli uomini onesti non sono soliti farlo. Perciò ritengo che

Panezio, quando ha detto che gli uomini sono soliti esitare in questo confronto, abbia inteso proprio questo che ha detto, cioè

che 'sono soliti' solamente, e non anche 'debbono'. Infatti è oltremodo immorale non solo stimare di più ciò che sembra

utile di ciò che è onesto, ma anche paragonare questi concetti tra di loro ed avere dei dubbi in proposito. Ma che cos'è,

dunque, ciò che talvolta ci suole far dubitare e ci sembra degno di considerazione? Credo, se qualche volta sorge il dubbio,

che esso riguardi la natura delle cose su cui si riflette.

Paragrafo 19
Spesso,

infatti, accade che, mutate le circostanze, ciò che siamo soliti stimare per lo più immorale, si trova che non è tale. Per

esempio, si ponga un caso che è suscettibile della più ampia applicazione. Quale delitto può essere più grande dell'uccidere

non solo un uomo, ma anche un intimo amico? Forse qualcuno si rende colpevole di un delitto, se uccide un tiranno, anche se suo

intimo amico? Ciò non sembra al popolo romano, che anzi considera quell'azione la più bella tra tutte le altre illustri.

L'utile, dunque, ha prevalso sull'onesto? No; anzi, l'utile ha seguito l'onesto. Perciò, per poter distinguere senza ombra

di errore, quando talora ci sembra che quanto chiamiamo utile contrasti con quanto riteniamo onesto, occorre stabilire una

norma tale da non allontanarci mai dall'onesto se noi l'applicheremo nel mettere a confronto le

azioni.

Paragrafo 20
Questa norma sarà pienamente conforme alle teorie della

dottrina Stoica: e la seguiamo in questi libri per il fatto che, sebbene anche gli antichi Accademici e i vostri Peripatetici,

che una volta erano tutt'uno con gli Accademici, antepongano ciò che è onesto a ciò che sembra utile, tuttavia questi

argomenti sono trattati in maniera molto più elevata da quelli che identificano l'utile con l'onesto e negano che sia utile

ciò che non è onesto, anziché da quelli secondo i quali qualche cosa onesta non è utile e qualche cosa utile non è onesta.

Quanto a noi, la nostra Accademia ci dà ampie possibilità di difendere, a pieno diritto, qualsiasi tesi ci si presenti in sommo

grado probabile. Ma ritorno alla norma.

  • Letteratura Latina
  • De Officiis di Cicerone
  • Cicerone

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