Paragrafo 46
Cum igitur id quod utile videtur in amicitia cum eo quod
honestum est comparatur iaceat utilitatis species valeat honestas. Cum autem in amicitia quae honesta non sunt postulabuntur
religio et fides anteponatur amicitiae; sic habebitur is quem exquirimus dilectus officii. Sed utilitatis specie in republica
saepissime peccatur ut in Corinthi disturbatione nostri; durius etiam Athenienses qui sciverunt ut Aeginetis qui classe
valebant pollices praeciderentur. Hoc visum est utile; nimis enim imminebat propter propinquitatem Aegina Piraeo. Sed nihil
quod crudele utile; est enim hominum naturae quam sequi debemus maxima inimica
crudelitas.
Paragrafo 47
Male etiam qui peregrinos urbibus uti prohibent eosque
exterminant ut Pennus apud patres nostros Papius nuper. Nam esse pro cive qui civis non sit rectum est non licere quam legem
tulerunt sapientissimi consules Crassus et Scaevola. Usu vero urbis prohibere peregrinos sane inhumanum est. Illa praeclara in
quibus publicae utilitatis species prae honestate contemnitur. Plena exemplorum est nostra res publica cum saepe tum maxime
bello Punico secundo quae Cannensi calamitate accepta maiores animos habuit quam unquam rebus secundis; nulla timoris
significatio nulla mentio pacis. Tanta vis est honesti ut speciem utilitatis
obscuret.
Paragrafo 48
Athenienses cum Persarum impetum nullo modo possent sustinere
statuerentque ut urbe relicta coniugibus et liberis Troezene depositis naves conscenderent libertatemque Graeciae classe
defenderent Cyrsilum quendam suadentem ut in urbe manerent Xerxemque reciperent lapidibus obruerunt. Atque ille utilitatem
sequi videbatur sed ea nulla erat repugnante honestate.
Paragrafo 49
Themistocles post
victoriam eius belli quod cum Persis fuit dixit in contione se habere consilium rei publicae salutare sed id sciri non opus
esse; postulavit ut aliquem populus daret quicum communicaret; datus est Aristides. Huic ille classem Lacedaemoniorum quae
subducta esset ad Gytheum clam incendi posse quo facto frangi Lacedaemoniorum opes necesse esset. Quod Aristides cum audisset
in contionem magna exspectatione venit dixitque perutile esse consilium quod Themistocles adferret sed minime honestum. Itaque
Athenienses quod honestum non esset id ne utile quidem putaverunt totamque eam rem quam ne audierant quidem auctore Aristide
repudiaverunt. Melius hi quam nos qui piratas immunes socios vectigales habemus. Maneat ergo quod turpe sit id numquam esse
utile ne tum quidem cum id quod utile esse putes adipiscare; hoc enim ipsum utile putare quod turpe sit calamitosum
est.
Paragrafo 50
Sed incidunt ut supra dixi saepe causae cum repugnare utilitas
honestati videatur ut animadvertendum sit repugnetque plane an possit cum honestate coniungi. Eius generis hae sunt
quaestiones: Si exempli gratia vir bonus Alexandrea Rhodum magnum frumenti numerum advexerit in Rhodiorum inopia et fame
summaque annonae caritate si idem sciat complures mercatores Alexandrea solvisse navesque in cursu frumento onustas petentes
Rhodum viderit dicturusne sit id Rhodiis an silentio suum quam plurimo venditurus? Sapientem et bonum virum fingimus; de eius
deliberatione et consultatione quaerimus qui celaturus Rhodios non sit si id turpe iudicet sed dubitet an turpe non
sit.
Versione tradotta
Quando, dunque, si mette a confronto nell'amicizia ciò che sembra utile con ciò che è
onesto, venga meno l'apparenza dell'utile e prevalga l'onestà; quando, invece, nell'amicizia saranno richieste cose che non
sono oneste, la coscienza e la lealtà siano preposte all'amicizia. Così verrà fatta quella scelta dei doveri, su cui si sta
indagando. Ma spesso, nel governo dello Stato, si commettono errori sotto un'apparenza di utilità, come fecero i nostri nella
distruzione di Corinto; ancor più duramente si comportarono gli Ateniesi, che decretarono il taglio del pollice per gli
Egineti, forti sul mare. Questo parve utile, perché Egina, per la sua vicinanza, minacciava troppo il Pireo. Ma niente che sia
crudele è utile; la crudeltà, difatti, è in particolar modo nemica della natura umana, che noi dobbiamo seguire.
Agiscono male anche coloro che vietano agli stranieri di godere dei
vantaggi della città e li bandiscono, come fece Panno presso i nostri antenati e Papio recentemente. E' giusto, difatti, che
non sia lecito che venga attribuito il titolo di cittadino a chi non lo è, in base alla legge proposta da Crasso e Scevola,
saggissimi consoli ; ma è del tutto incivile proibire agli stranieri di godere dei vantaggi della città. Belli sono quei casi
in cui l'apparenza della utilità pubblica non è tenuta in alcun conto di fronte all'onestà. Il nostro Stato è pieno di
frequenti esempi in molte occasioni e specialmente nella seconda guerra punica: dopo la disfatta di Canne mostrò un coraggio
maggiore di quanto ne avesse dimostrato nei periodi favorevoli; nessun segno di timore, nessuna parola di pace. La forza
dell'onesto è tale da oscurare l'apparenza dell'utilità.
Quando gli
Ateniesi non erano in grado di sostenere l'assalto dei Persiani e stabilirono di abbandonare la città, dopo aver lasciato le
mogli e i figli a Trezene, e di salire sulle navi per difendere con la flotta la libertà della Grecia, lapidarono un certo
Cirsilo, che li invitava a rimanere in città e ad accogliere Serse. Sembrava che egli avesse come obiettivo l'utilità, ma essa
era inesistente, perché l'onestà le si opponeva.
Temistocle, dopo la
vittoria nella guerra contro i Persiani, disse nell'assemblea di avere un consiglio salutare per lo Stato, ma che non era
opportuno venisse conosciuto: chiese che il popolo gli desse qualcuno da rendere partecipe di tale consiglio: venne designato
Aristide. Egli gli disse che si poteva incendiare di nascosto la flotta spartana, all'ancora a Giteo, cosa che avrebbe
inevitabilmente infranto le risorse degli Spartani. Dopo che Aristide ebbe udito ciò, si recò nell'assemblea tra
l'aspettazione generale e disse che il consiglio di Temistocle era utilissimo ma per nulla onesto. Così gli Ateniesi non
ritennero neanche utile ciò che non era onesto e dietro consiglio di Aristide rifiutarono un progetto che neppure conoscevano.
Meglio essi di noi, che lasciamo sani e salvi i pirati e riscuotiamo tributi dagli alleati.
Sia ben chiaro, dunque, che
quanto è immorale non può mai essere utile, neppure quando si consegue ciò che si crede utile; è, difatti, dannoso persino lo
stimare utile ciò che è immorale.
Ma, come ho detto sopra, vi sono dei
casi in cui l'utilità sembra in conflitto con l'onestà, cosicchè occorre considerare se sia veramente in contrasto o possa
venire identificata con l'onestà. Ecco i problemi di questo tipo: se, per esempio, un uomo onesto avesse importato da
Alessandria a Rodi una grande quantità di frumento in un periodo di miseria e di carestia dei Rodiesi e di prezzi altissimi, e
venisse a sapere che parecchi mercanti sono salpati da Alessandria e, lungo la rotta, avesse visto navi cariche di frumento
dirigersi verso Rodi, dovrebbe dirlo ai Rodiesi o, tacendo, dovrebbe vendere al prezzo più alto il suo frumento? Immaginiamo un
uomo saggio e onesto e ci poniamo il problema delle decisioni e delle considerazioni di lui, che non vorrebbe lasciare
all'oscuro i Rodiesi, se ritenesse ciò un'azione vergognosa, ma potrebbe essere in dubbio se la cosa sia deprecabile o
no.
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- De Officiis di Cicerone
- Cicerone