Paragrafo 6
Quod cum omnibus est faciendum qui vitam honestam ingredi cogitant tum haud scio an nemini
potius quam tibi. Sustines enim non parvam expectationem imitandae industriae nostrae magnam honorum non nullam fortasse
nominis. Suscepisti onus praeterea grave et Athenarum et Cratippi; ad quos cum tamquam ad mercaturam bonarum artium sis
profectus inanem redire turpissimum est dedecorantem et urbis auctoritatem et magistri. Quare quantum coniti animo potes
quantum labore contendere si discendi labor est potius quam voluptas tantum fac ut efficias neve committas ut cum omnia
suppeditata sint a nobis tute tibi defuisse videare. Sed haec hactenus; multa enim saepe ad te cohortandi gratia scripsimus;
nunc ad reliquam partem propositae divisionis revertamur.
Paragrafo 7
Panaetius igitur
qui sine controversia de officiis accuratissime disputavit quemque nos correctione quadam adhibita potissimum secuti sumus
tribus generibus propositis in quibus deliberare homines et consultare de officio solerent uno cum dubitarent honestumne id
esset de quo ageretur an turpe altero utilene esset an inutile tertio si id quod speciem haberet honesti pugnaret cum eo quod
utile videretur quomodo ea discerni oporteret de duobus generibus primis tribus libris explicavit de tertio autem genere
deinceps se scripsit dicturum nec exsolvit id quod promiserat.
Paragrafo 8
Quod eo
magis miror quia scriptum a discipulo eius Posidonio est triginta annis vixisse Panaetium posteaquam illos libros edidisset.
Quem locum miror a Posidonio breviter esse tactum in quibusdam commentariis praesertim cum scribat nullum esse locum in tota
philosophia tam necessarium.
Paragrafo 9
Minime vero assentior iis qui negant eum
locum a Panaetio praetermissum sed consulto relictum nec omnino scribendum fuisse quia numquam posset utilitas cum honestate
pugnare. De quo alterum potest habere dubitationem adhibendumne fuerit hoc genus quod in divisione Panaetii tertium est an
plane omittendum alterum dubitari non potest quin a Panaetio susceptum sit sed relictum. Nam qui e divisione tripertita duas
partes absolverit huic necesse est restare tertiam; praeterea in extremo libro tertio de hac parte pollicetur se deinceps esse
dicturum.
Paragrafo 10
Accedit eodem testis locuples Posidonius qui etiam scribit in
quadam epistola P. Rutilium Rufum dicere solere qui Panaetium audierat ut nemo pictor esset inventus qui in Coa Venere eam
partem quam Apelles inchoatam reliquisset absolveret (oris enim pulchritudo reliqui corporis imitandi spem auferebat) sic ea
quae Panaetius praetermisisset [et non perfecisset] propter eorum quae perfecisset praestantiam neminem
persecutum.
Versione tradotta
Tutti coloro che pensano d'iniziare una vita onesta, debbono far questo, e non so
se qualcuno lo debba più di te; tu ti sei sobbarcata la non piccola responsabilità dell'imitazione della mia attività, il
grande impegno di imitare la mia carriera e la non lieve incombenza di imitare, forse, la mia gloria. Inoltre ti sei addossato
un grave peso nei riguardi di Atene e di Cratippo; e poiché sei partito alla loro volta come verso un mercato di buone arti,
sarebbe assai vergognoso ritornare a mani vuote, recando disonore al prestigio della città e del maestro. Perciò con quanto
impegno intellettuale puoi, con quanti sforzi ti adoperi - anche se quella di apprendere è una fatica piuttosto che un piacere
- fa in modo di riuscire e non metterti nelle condizioni di sembrare d'aver mancato a te stesso, dopo che io ti ho fornito
ogni mezzo. Ma su ciò, basta; infatti molto frequentemente ti ho scritto per esortarti; ora ritorno all'ultima parte della
divisione programmata.
Panezio, dunque, che senza alcun dubbio ha
disputato in modo molto preciso intorno ai doveri, e che io ho seguito in linea di massima, pur avendo apportato qualche
correzione, fissa tre tipi di domande sulle quali gli uomini sono soliti riflettere e quindi decidere intorno al dovere: la
prima, quando si è incerti se sia onesto o meno ciò di cui si tratta; la seconda se sia utile o no; la terza concerne il modo
in cui ciò che ha l'apparenza dell'onesto contrasti con ciò che sembra utile. Panezio trattò in tre libri i primi due
quesiti, del terzo scrisse, invece, che ne avrebbe parlato in seguito, ma non mantenne ciò che aveva
promesso;
La qualcosa mi meraviglia tanto maggiormente, in quanto il suo
discepolo Posidonio ha scritto che Panezio visse altri trent'anni dopo la pubblicazione di quei libri. Mi stupisce che la
questione sia stata toccata di sfuggita da Posidonio in certe sue memorie, specialmente perché scrive che in tutta quanta la
filosofia non c'è alcun argomento altrettanto fondamentale.
In verità io
non sono per niente d'accordo con quanti affermano che quel punto non sia stato trascurato da Panezio, ma piuttosto
abbandonato di proposito, e che non lo si dovesse affatto svolgere, perché l'utile non può mai contrastare con l'onesto;
intorno a ciò può sorgere il dubbio, se si dovesse accogliere la categoria, che nella divisione di Panezio occupa il terzo
posto, o si dovesse omettere del tutto; ma non si può dubitare che la questione sia stata sollevata da Panezio, ma poi
trascurata.
Infatti a chiunque abbia svolto due parti su tre della
materia che ha così suddiviso, necessariamente resta la terza parte; inoltre alla fine del terzo libro egli promette di
svolgere in seguito questa parte. A ciò s'aggiunge come inoppugnabile testimone Posidonio, il quale scrive anche in una
lettera che Publio Rutilio Rufo, che era stato discepolo di Panezio, soleva dire che, come non si era trovato alcun pittore
capace di completare quella parte nella Venere di Coo che Apelle aveva lasciato incompiuta (infatti la bellezza del viso
toglieva la speranza di imitarla nel resto del corpo), così quelle parti che Panezio aveva trascurato [e non aveva compiuto]
nessuno le aveva completate a causa dell'eccellenza di quelle che aveva portato a termine.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone