Paragrafo 81
Haec sunt quae conturbent in deliberatione non numquam cum id in quo violatur aequitas
non ita magnum illud autem quod ex eo paritur permagnum videtur ut Mario praeripere collegis et tribunis plebi popularem
gratiam non ita turpe consulem ob eam rem fieri quod sibi tum proposuerat valde utile videbatur. Sed omnium una regula est quam
tibi cupio esse notissimam: aut illud quod utile videtur turpe ne sit aut si turpe est ne videatur esse utile. Quid igitur?
possumusne aut illum Marium virum bonum iudicare aut hunc? Explica atque excute intellegentiam tuam ut videas quae sit in ea
[species] forma et notio viri boni. Cadit ergo in virum bonum mentiri emolumenti sui causa criminari praeripere fallere? Nihil
profecto minus.
Paragrafo 82
Est ergo ulla res tanti aut commodum ullum tam expetendum
ut viri boni et splendorem et nomen amittas? Quid est quod afferre tantum utilitas ista quae dicitur possit quantum auferre si
boni viri nomen eripuerit fidem iustitiamque detraxerit? Quid enim interest utrum ex homine se convertat quis in beluam an
hominis figura immanitatem gerat beluae?
Quid? qui omnia recta et honesta neglegunt dummodo potentiam consequantur nonne
idem faciunt quod is qui etiam socerum habere voluit eum cuius ipse audacia potens esset. Utile ei videbatur plurimum posse
alterius invidia. Id quam iniustum in patriam et quam turpe esset non videbat. Ipse autem socer in ore semper Graecos versus de
Phoenissis habebat quos dicam ut potero; incondite fortasse sed tamen ut res possit intellegi:
‘Nam si violandum est ius
regnandi gratia
Violandum est; aliis rebus pietatem colas.’
Capitalis Eteocles vel potius Euripides qui id unum quod
omnium sceleratissimum fuerit exceperit.
Paragrafo 83
Quid igitur minuta colligimus
hereditates mercaturas venditiones fraudulentas? Ecce tibi qui rex populi Romani dominusque omnium gentium esse concupiverit
idque perfecerit. Hanc cupiditatem si honestam quis esse dicit amens est; probat enim legum et libertatis interitum earumque
oppressionem taetram et detestabilem gloriosam putat. Qui autem fatetur honestum non esse in ea civitate quae libera fuerit
quaeque esse debeat regnare sed ei qui id facere possit esse utile qua hunc obiurgatione aut quo potius convitio a tanto errore
coner avellere? Potest enim di immortales cuiquam esse utile foedissimum et taeterrimum parricidium patriae quamvis is qui se
eo obstrinxerit ab oppressis civibus parens nominetur? Honestate igitur dirigenda utilitas est et quidem sic ut haec duo verbo
inter se discrepare re unum sonare videantur.
Paragrafo 84
Non habeo ad volgi
opinionem quae maior utilitas quam regnandi esse possit nihil contra inutilius ei qui id iniuste consecutus sit invenio cum ad
veritatem coepi revocare rationem. Possunt enim cuiquam esse utiles angores sollicitudines diurni et nocturni metus vita
insidiarum periculorumque plenissima? ‘Multi iniqui atque infideles regno pauci benivoli’ inquit Accius. At cui regno? quod a
Tantalo et Pelope proditum iure optinebatur. Nam quanto plures ei regi putas qui exercitu populi Romani populum ipsum Romanum
oppressisset civitatemque non modo liberam sed etiam gentibus imperantem servire sibi coegisset?
Paragrafo 85
Hunc tu quas conscientiae labes in animo censes habuisse quae vulnera?
Cuius autem vita ipsi potest utilis esse cum eius vitae ea condicio sit ut qui illam eripuerit in maxima et gratia futurus sit
et gloria? Quod si haec utilia non sunt quae maxime videntur quia plena sunt dedecoris ac turpitudinis satis persuasum esse
debet nihil esse utile quod non honestum sit.
Versione tradotta
Sono questi
i casi che spesso, quando dobbiamo decidere, ci rendono dubbiosi, allorché la violazione dell'equità non sembra rilevante, ma
appare grandissimo il vantaggio che da essa deriva: così, ad esempio, a Mario non sembrava tanto riprovevole carpire il favore
popolare ai colleghi e ai tribuni della plebe, ma molto utile diventar console con quel mezzo, ciò che egli si era proposto. Ma
in tutti questi casi esiste una sola regola, che desidero ti sia notissima: o che non sia turpe quello che sembra utile o, se è
turpe, che non sembri essere utile. E che, dunque? Possiamo giudicare probo il primo o il secondo Mario? Dispiega e fà
funzionare la tua intelligenza, per vedere quale sia in essa il concetto e la nozione di uomo dabbene. Si addice, dunque, ad un
uomo onesto mentire per proprio vantaggio, accusare, sottrarre, ingannare?
82
Niente gli si addice di meno, questo è certo. Vi è, dunque, una cosa tanto importante o un vantaggio tanto
desiderabile, da far si che tu perda l'aureola e il nome di uomo probo? Che cosa ti potrebbe dare di tanto grande questa
cosiddetta utilità, quanto piuttosto togliere, se si sottrae il nome di uomo probo, se ti porta via la lealtà e la giustizia?
Che differenza c'è, difatti, tra il mutarsi da uomo in bestia o il portare, sotto l'aspetto di uomo, l'indole crudele d'una
belva? E che? Quanti trascurano ogni rettitudine e onestà, pur di raggiungere la potenza, non si comportano proprio come colui
che volle avere per suocero un uomo, la cui audacia giovasse alla propria potenza? Gli sembrava utile raggiungere la massima
potenza a spese dell'impopolarità altrui, ma non si rendeva conto di quanto ciò fosse ingiusto e vergognoso nei confronti
della patria. E quel suocero aveva continuamente sulle labbra i versi greci delle Fenicie, che dirò come potrò, forse
rozzamente, ma tuttavia in modo che si possa capire il contenuto: 'Se si deve violare il diritto, bisogna violarlo per il
potere assoluto; per il resto coltiva la pietà'. Degno d'essere messo a morte è Eteocle, o piuttosto Euripide, che eccettuava
quest'unico caso, che è il più scellerato di tutti.
Ma perché
andiamo raccogliendo queste minuzie, eredità, commerci, vendite fraudolente? Eccoti chi desiderò essere re del popolo romano e
signore di tutte le genti, e ci riusci. Se qualcuno dicesse che questa bramosia è onesta, sarebbe un pazzo; così facendo egli
approva la morte delle leggi e della libertà e ritiene gloriosa la loro infame e detestabile soppressione. Se uno, invece,
ammette che non è onesto regnare in una città che è stata e dovrebbe essere libera, ma è utile a chi è capace di farlo, con
quali rimproveri o, piuttosto, con quali grida potresti tentare dì allontanarlo da un simile errore? Può, per gli dei
immortali, essere utile a qualcuno il più turpe e abominevole parricidio della patria, anche se colui che se n'è macchiato
viene chiamato "padre" dai cittadini oppressi? L'utilità, dunque, deve essere guidata dall'onestà, e precisamente in modo che
questi due concetti a parole sembrino diversi, ma nella sostanza suonino la stessa
cosa.
Non so quale utilità possa esistere, a giudizio del volgo, maggiore
del regnare; ma quando comincio ad accostare il giudizio alla luce della verità, non trovo nulla di più inutile per colui che
abbia conseguito il regno ingiustamente. Possono, difatti, essere utili per qualcuno le angosce, le preoccupazioni, i timori
diurni e notturni, la vita piena zeppa di insidie e di pericoli?
'Molti gli iniqui ed infedelí al regno, pochi i
benevoli'.
Così dice Accio. Ma a quale regno? Quello che, trasmesso legittimamente, avevano Tantalo e Pelope. E quanti di
più ne avrebbe, secondo te, quel re che con l'esercito del popolo romano oppresse proprio il popolo romano e costrinse ad
essergli schiava quella città non solo libera, ma anche signora delle genti?
85
Quale macchia della coscienza pensi che costui abbia avuto nell'animo, quali ferite? E a quale uomo può essere
utile la propria vita, se la condizione di essa è tale che chi gliela sottraesse si procurerebbe grandissima gloria e
riconoscenza? E se non sono utili queste cose, che sembrano esserlo massimamente, perché sono piene di ignominia e di
turpitudine, bisogna essere abbastanza convinti che nulla è utile, se non è onesto.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone