De Officiis, Libro 3, Par. da 86 a 90 - Studentville

De Officiis, Libro 3, Par. da 86 a 90

Paragrafo 86
Quamquam id quidem cum

saepe alias tum Pyrrhi bello a C. Fabricio consule iterum et a senatu nostro iudicatum est. Cum enim rex Pyrrhus populo Romano

bellum ultro intulisset cumque de imperio certamen esset cum rege generoso ac potente perfuga ab eo venit in castra Fabricii

eique est pollicitus si praemium sibi proposuisset se ut clam venisset sic clam in Pyrrhi castra rediturum et eum veneno

necaturum. Hunc Fabricius reducendum curavit ad Pyrrhum idque eius factum laudatum a senatu est. Atqui si speciem utilitatis

opinionemque quaerimus magnum illud bellum perfuga unus et gravem adversarium imperii sustulisset sed magnum dedecus et

flagitium quicum laudis certamen fuisset eum non virtute sed scelere superatum.

Paragrafo

87
Utrum igitur utilius vel Fabricio qui talis in hac urbe qualis Aristides Athenis fuit vel senatui nostro qui

numquam utilitatem a dignitate seiunxit armis cum hoste certare an venenis? Si gloriae causa imperium expetundum est scelus

absit in quo non potest esse gloria; sin ipsae opes expetuntur quoquo modo non poterunt utiles esse cum infamia. Non igitur

utilis illa L. Philippi Q. f. sententia quas civitates L. Sulla pecunia accepta ex senatus consulto liberavisset ut eae rursus

vectigales essent neque iis pecuniam quam pro libertate dederant redderemus. Ei senatus est assensus. Turpe imperio! Piratarum

enim melior fides quam senatus. ‘At aucta vectigalia utile igitur.’ Quousque audebunt dicere quicquam utile quod non

honestum?

Paragrafo 88
Potest autem ulli imperio quod gloria debet fultum esse et

benevolentia sociorum utile esse odium et infamia? Ego etiam cum Catone meo saepe dissensi. Nimis mihi praefracte videbatur

aerarium vectigaliaque defendere omnia publicanis negare multa sociis cum in hos benefici esse deberemus cum illis sic agere ut

cum colonis nostris soleremus eoque magis quod illa ordinum coniunctio ad salutem rei publicae pertinebat. Male etiam Curio cum

causam Transpadanorum aequam esse dicebat semper autem addebat “vincat utilitas”. Potius doceret non esse aequam quia non esset

utilis rei publicae quam cum utilem diceret non esse aequam fateretur.

Paragrafo

89
Plenus est sextus liber de officiis Hecatonis talium quaestionum sitne boni viri in maxima caritate annonae

familiam non alere. In utramque partem disputat sed tamen ad extremum utilitate ut putat officium dirigit magis quam

humanitate. Quaerit si in mari iactura facienda sit equine pretiosi potius iacturam faciat an servuli vilis. Hic alio res

familiaris alio ducit humanitas. “Si tabulam de naufragio stultus arripuerit extorquebitne eam sapiens si potuerit?” Negat quia

sit iniurium. Quid? dominus navis eripietne suum? Minime non plus quam navigantem in alto eicere de navi velit quia sua sit.

Quoad enim perventum est eo quo sumpta navis est non domini est navis sed

navigantium.

Paragrafo 90
Quid? si una tabula sit duo naufragi eique sapientes sibine

uterque rapiat an alter cedat alteri? Cedat vero sed ei cuius magis intersit vel sua vel rei publicae causa vivere. Quid? si

haec paria in utroque? Nullum erit certamen sed quasi sorte aut micando victus alteri cedet alter Quid? si pater fana expilet

cuniculos agat ad aerarium indicetne id magistratibus filius? Nefas id quidem est quin etiam defendat patrem si arguatur. Non

igitur patria praestat omnibus officiis? Immo vero sed ipsi patriae conducit pios habere cives in parentes. Quid? si tyrannidem

occupare si patriam prodere conabitur pater silebitne filius? Immo vero obsecrabit patrem ne id faciat. Si nihil proficiet

accusabit minabitur etiam; ad extremum si ad perniciem patriae res spectabit patriae salutem anteponet saluti

patris.

Versione tradotta

Paragrafo 86
Questo è stato riconosciuto spesso in altre occasioni e

specialmente da Gaio Fabrizio, console per la seconda volta durante la guerra contro Pirro, e dal nostro senato. Avendo, il re

Pirro dichiarato di sua iniziativa guerra al popolo romano, e svolgendosi la lotta per la supremazia con un re nobile e

potente, giunse un disertore negli accampamenti di Fabrizio e gli promise, in cambio di una ricompensa, di ritornare negli

accampamenti di Pirro di nascosto cem'era venuto e di ucciderlo col veleno. Fabrizio lo fece ricondurre da Pirro e il suo

comportamento fu lodato dal senato. Eppure se noi ricerchiamo l'apparenza e il concetto comune dell'utilità, un unico

disertore avrebbe eliminato quella guerra ed un pericoloso rivale della nostra supremazia, ma sarebbe stato per noi un grande

disonore e una grande colpa l'aver vinto non col valore, ma con il delitto un avversario con cui si lottava per la

gloria.

Paragrafo 87
Sarebbe stato più utile, dunque, sia per Fabrizio, che in questa

città fu come Aristide in Atene, sia per il nostro senato, che non disgiunse mai l'utilità della dignità, combattere il nemico

con le armi o col veleno? Se si deve mirare alla supremazia per la gloria, si bandisca il delitto, in cui non può esistere

gloria; se si mira alla potenza in qualunque modo, non potrà giovare, se sarà unita all'infamia. Non fu, dunque, utile il

provvedimento di Lucio Filippo, figlio di Quinto, in base al quale le città che Lucio Silla, per decreto del senato, aveva

esentato dal tributo dietro pagamento di una somma di denaro, diventavano di nuovo tributarie, senza che venisse restituito

loro il denaro versato per l'esenzione. Il senato diede il suo consenso: vergogna per il nostro governo! Vale più la parola

dei pirati di quella del senato. "Ma si aumentarono le entrate; quindi il provvedimento fu utile". Fino a quando oseranno dire

che qualche cosa è utile, senza essere onesta?

Paragrafo 88
E' possibile che ad un

impero, che deve fondarsi sulla gloria e sulla simpatia degli alleati, siano utili l'odio e l'infamia? Io mi sono trovato

spesso in disaccordo anche col mio amico Catone; mi sembrava che sostenesse con troppa intrasigenza gli interessi dell'erario

e del bilancio, e che negasse tutto ai pubblicani, molto agli alleati, mentre verso questi dovevano essere benefici, verso

quelli comportarci come eravamo soliti fare con i nostri coloni, tanto più perché quella concordia di classi interessava la

salute dello Stato. Si comportava male anche Curione, quando diceva che la causa dei Transpadani era giusta, ma aggiungeva

sempre: "Vinca l'utilità". Piuttosto egli avrebbe dovuto dimostrare che non era giusta, perché non era utile allo Stato,

anziché riconoscere che era giusta, mentre diceva che non era utile.

Paragrafo 89
Il

sesto libro 'Sui doveri' di Ecatone è pieno di questioni simili: se sia proprio di un uomo onesto non nutrire i propri

schiavi in un periodo di estrema carestia. Egli discute il pro e il contro, tuttavia alla f ine regola il dovere più in base

all'utilità che all'umanità. Si domanda se, nel caso che si dovesse gettare in mare (parte del carico), si debba gettare un

cavallo di valore o uno schiavo di poco prezzo. In questo caso divergono le vie del patrimonio e dell'umanità. "Se uno sciocco

avesse afferrato una tavola in un naufragio, un saggio gliela dovrebbe sottrarre, se potesse?" Risponde di no, perché si

tratterebbe di un'ingiustizia. "Allora il padrone della nave potrebbe portargliela via, perché è sua?" Per niente affatto,

come non potrebbe in alto mare gettar giù dalla nave un passeggero, perché la nave è sua. Difatti sin quando non si è giunti

alla destinazione, per cui la nave è stata noleggiata, essa non è dei proprietario, ma dei

passeggeri.

Paragrafo 90
"Dunque, se ci fosse un'unica tavola e due naufraghi, tutti

e due sapienti, entrambi dovrebbero afferrarla o uno dovrebbe cedere all 'altro? " Bisogna cederla, ma a colui la cui vita è

di maggiore importanza per sé o per lo Stato. "E se in entrambi queste caratteristiche fossero uguali?" Non vi sarà alcuna

lotta, ma l'uno dovrebbe cedere all'altro quasi per sorteggio o giocando alla morra. "E se un padre depredasse templi o

scavasse gallerie verso l'erario, il figlio dovrebbe denunziare il fatto ai magistrati?" Ciò sarebbe, in verità, un delitto,

ché anzi dovrebbe difendere il padre, se accusato. "La patria, dunque, non è superiore a tutti i doveri?" Si, ma è

nell'interesse della patria stessa avere i cittadini affezionati ai propri genitori. "E se un padre cercasse di divenir

tiranno, di tradire la patria, il figlio dovrebbe tacere?" No, piuttosto scongiurerà il padre a non farlo; se non riuscirà in

niente, lo accuserà, lo minaccerà pure: alla fine, se l'affare metterà in pericolo l'esistenza della patria, anteporrà la

salvezza della patria a quella del padre.

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