De Officiis, Libro 3, Par. da 96 a 100 - Studentville

De Officiis, Libro 3, Par. da 96 a 100

Paragrafo 96
Sed quoniam a quattuor fontibus honestatis primo libro officia duximus in eisdem versemur

cum docebimus ea quae videantur esse utilia neque sint quam sint virtutis inimica. Ac de prudentia quidem quam vult imitari

malitia itemque de iustitia quae semper est utilis disputatum est. Reliquae sunt duae partes honestatis quarum altera in animi

excellentis magnitudine et praestantia cernitur altera in conformatione et moderatione continentiae et

temperantiae.

Paragrafo 97
Utile videbatur Ulixi ut quidem poetae tragici prodiderunt

nam apud Homerum optimum auctorem talis de Ulixe nulla suspicio est sed insimulant eum tragoediae simulatione insaniae militiam

subterfugere voluisse. Non honestum consilium at utile ut aliquis fortasse dixerit regnare et Ithacae vivere otiose cum

parentibus cum uxore cum filio. Ullum tu decus in cotidianis laboribus cum hac tranquillitate conferendum putas? Ego vero istam

contemnendam et abiciendam quoniam quae honesta non sit ne utilem quidem esse

arbitror.

Paragrafo 98
Quid enim auditurum putas fuisse Ulixem si in illa simulatione

perseverasset? Qui cum maximas res gesserit in bello tamen haec audiat ab Aiace
“Cuius ipse princeps iuris iurandi

fuit
Quod omnes scitis solus neglexit fidem.
Furere adsimulare ne coiret institit.
Quod ni Palamedi perspicax

prudentia
Istius percepset malitiosam audaciam
Fide sacratae ius perpetuo falleret.”

Paragrafo 99
Illi vero non modo cum hostibus verum etiam cum fluctibus id quod

fecit dimicare melius fuit quam deserere consentientem Graeciam ad bellum barbaris inferendum. Sed omittamus et fabulas et

externa; ad rem factam nostramque veniamus. M. Atilius Regulus cum consul iterum in Africa ex insidiis captus esset duce

Xanthippo Lacedaemonio imperatore autem patre Hannibalis Hamilcare iuratus missus est ad senatum ut nisi redditi essent Poenis

captivi nobiles quidam rediret ipse Carthaginem. Is cum Romam venisset utilitatis speciem videbat sed eam ut res declarat

falsam iudicavit; quae erat talis: manere in patria esse domui suae cum uxore cum liberis quam calamitatem accepisset in bello

communem fortunae bellicae iudicantem tenere consularis dignitatis gradum. Quis haec negat esse utilia? quem censes? Magnitudo

animi et fortitudo negat.

Paragrafo 100
Num locupletiores quaeris auctores? Harum enim

est virtutum proprium nihil extimescere omnia humana despicere nihil quod homini accidere possit intolerandum putare. Itaque

quid fecit? In senatum venit mandata euit sententiam ne diceret recusavit; quamdiu iure iurando hostium teneretur non esse se

senatorem. Atque illud etiam (“O stultum hominem” dixerit quispiam “et repugnantem utilitati suae!”) reddi captivos negavit

esse utile; illos enim adulescentes esse et bonos duces se iam confectum senectute. Cuius cum valuisset auctoritas captivi

retenti sunt ipse Carthaginem rediit neque eum caritas patriae retinuit nec suorum. Neque vero tum ignorabat se ad

crudelissimum hostem et ad exquisita supplicia proficisci sed ius iurandum conservandum putabat. Itaque tum cum vigilando

necabatur erat in meliore causa quam si domi senex captivus periurus consularis remansisset.

Versione tradotta

Paragrafo 96
Ma poiché nel primo libro abbiamo derivato i doveri dalle

quattro fonti dell'onesto, dobbiamo attenerci ad essi nel dimostrare quanto siano nemiche della virtù quelle azioni che

sembrano utili ma non lo sono. Si è parlato pure della prudenza, che la malizia vorrebbe imitare, e ugualmente della giustizia,

che è sempre utile. Restano due specie di onestà, delle quali la prima si manifesta nella grandezza e nella nobiltà di un animo

sommo, la seconda nella disposizione giusta e moderata della continenza e della

temperanza.

Paragrafo 97
Ulisse parve attaccato all'utile, almeno secondo i poeti

tragici; difatti in Omero, autore degno della massima fede, non esiste alcun sospetto simile: ma le tragedie lo accusano di

aver voluto evitare la milizia fingendosi pazzo. Decisione non onesta, ma utile, potrà forse dire qualcuno, regnare e vivere ad

Itaca in pace coi genitori, la moglie e il figlio. E tu credi che la gloria che ci si procura nei travagli e nei pericoli

d'ogni giorno possa essere messa a confronto con questa tranquillità? Io, in verità, ritengo che sia da disprezzare e da

gettar via, perché penso che una cosa disonesta non sia neppure utile.

Paragrafo

98
Che parole, secondo te, si sarebbe sentito dire Ulisse, se avesse perseverato in quella sua finzione? Egli che, pur

avendo compiuto grandissime imprese in guerra, tuttavia si sente dire da Aiace:
'Del giuramento, di cui egli fu promotore,

come tutti sapete, solo tradi la fede. Si diede a fingersi pazzo, per non unirsi a noi. E se la prudenza acuta di Palamede non

ne avesse afferrato la maliziosa audacia, egli avrebbe violato per sempre il vincolo del giuramento'

.

Paragrafo 99
Sarebbe stato meglio per lui combattere non solo con i nemici, ma

anche coi flutti, come fece, anziché abbandonare la Grecia concorde nel portar guerra ai barbari. Ma lasciamo da parte i miti e

i fatti stranieri e veniamo a un fatto realmente accaduto e presso di noi. Marco Attilio Regolo, console per la seconda volta,

catturato per mezzo di un'imboscata in Africa, quando era a capo dell'esercito nemico Santippo, generale spartano, e

comandante supremo Amileare, padre di Annibale, fu inviato al senato sotto giuramento che sarebbe tornato a Cartagine, se non

fossero stati restituiti ai Cartaginesi alcuni nobili prigionieri. Venuto a Roma, egli vedeva l'apparenza dell'utilità, ma,

come dichiarano i fatti, la giudicò falsa: e si trattava di restare in patria, in casa propria con la moglie e i figli,

conservere il grado della dignità consolare, giudicando la disgrazia patita in guerra come una cosa normale nella fortuna

militare. Chi potrebbe affermare che non si tratta di cose utili? Chi pensi che potrebbe farlo? Lo negano la grandezza e la

fortezza d'animo. Vai forse in cerca di prove più autorevoli?

Paragrafo

100
aratteristica di queste virtù è il non aver timore di nulla, disprezzare tutte le cose umane, non considerare

insopportabile alcuna cosa che possa accadere ad un uomo. Che fece egli, allora? Venne in senato, espose il suo mandato, si

rifiutò di esprimere il proprio parere, perché non era senatore, finché era vincolato dal giuramento fatto ai nemici. E affermò

persino che non era utile restituire i prigionieri (qualcuno potrebbe dire: "O sciocco, nemico del suo utile!"); infatti quelli

- affermava - erano giovani e buoni comandanti, egli era ormai sfinito dalla vecchiaia. Essendo prevalso il suo parere

autorevole, i prigionieri furono trattenuti, egli tornò a Cartagine e non lo trattenne né l'amore per la patria né quello per

i suoi cari. Eppure egli non ignorava, allora, di andare incontro a un nemico crudelissimo ed a supplizi raffinati, ma pensava

che si dovesse mantenere il giuramento. E cosi allora, io dico, quando le veglie lo uccidevano, si trovava in una situazione

migliore che se fosse rimastò a casa, vecchio prigioniero e consolare spergiuro.

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