De Bello Civili, Libro 3 - Paragrafo 112 - Studentville

De Bello Civili, Libro 3 - Paragrafo 112

Pharus est in insula turris magna altitudine mirificis operibus exstructae; quae nomen ab insula accepit.

Haec insula obiecta Alexandriae portum efficit; sed a superioribus regibus in longitudinem passuum a DCCC in mare iactis

molibus angusto itinere ut ponte cum oppido coniungitur. In hac sunt insula domicilia Aegyptiorum et vicus oppidi magnitudine;

quaeque ibi naves imprudentia aut tempestate paulum suo cursu decesserunt has more praedonum diripere consuerunt. Eis autem

invitis a quibus Pharus tenetur non potest esse propter angustias navibus introitus in portum. Hoc tum veritus Caesar hostibus

in pugna occupatis militibus eitis Pharum prehendit atque ibi praesidium posuit. Quibus est rebus effectum uti tuto frumentum

auxiliaque navibus ad eum supportari possent. Dimisit enim circum omnes propinquas provincias atque inde auxilia evocavit.

Reliquis oppidi partibus sic est pugnatum ut aequo proelio discederetur et neutri pellerentur (id efficiebant angustiae loci)

paucisque utrimque interfectis Caesar loca maxime necessaria complexus noctu praemuniit. In eo tractu oppidi pars erat regiae

exigua in quam ipse habitandi causa initio erat inductus et theatrum coniunctum domui quod arcis tenebat locum aditusque

habebat ad portum et ad reliqua navalia. Has munitiones insequentibus auxit diebus ut pro muro obiectas haberet neu dimicare

invitus cogeretur. Interim filia minor Ptolomaei regis vacuam possessionem regni sperans ad Achillam sese ex regia traiecit

unaque bellum administrare coepit. Sed celeriter est inter eos de principatu controversia orta; quae res apud milites

largitiones auxit; magnis enim iacturis sibi quisque eorum animos conciliabat. Haec dum apud hostes geruntur Pothinus nutricius

pueri et procurator regni in parte Caesaris cum ad Achillam nuntios mitteret hortareturque ne negotio desisteret neve animo

deficeret indicatis deprehensisque internuntiis a Caesare est interfectus. Haec initia belli Alexandrini fuerunt.

Versione tradotta

Il

Faro è sull'isola una torre di grande altezza, di mirabile costruzione; essa trae il proprio nome dall'isola. Quest'isola,

posta di fronte ad Alessandria, ne crea il porto; ma i primi re gettarono in mare un molo lungo novecento passi che, con un

angusto passaggio, la unisce quasi come un ponte, alla città. In quest'isola vi sono abitazioni di Egiziani e un quartiere

grande come una città; e qualunque nave, ovunque, per inesperienza o per burrasca si allontana un poco dalla rotta, viene di

solito depredata piratescamente. Inoltre nessuna nave può entrare in porto, a causa della stretta imboccatura, contro la

volontà degli occupanti di Faro. E Cesare, temendo ciò, mentre i nemici erano impegnati nella battaglia, fatti sbarcare i

soldati, si impossessò di Faro e vi pose un presidio. E per conseguenza di ciò si garantì in sicurezza l'afflusso per mare di

frumento e rinforzi. Mandò infatti richieste di aiuto attorno, per tutte le province vicine. Nelle altre parti della città si

combatté in modo che ci si ritirò alla pari e nessuno dei due contendenti fu ricacciato (causa di ciò fu l'angustia del

luogo); pochi uomini furono uccisi da entrambe le parti; Cesare si impadronì dei punti strategici e di notte li fortificò. In

quella zona della città vi era una piccola parte della reggia, che egli aveva subito occupato per abitarvi, e il teatro,

collegato alla reggia, che fungeva da rocca e aveva un accesso al porto e ai cantieri navali del re. Nei giorni successivi

potenziò queste fortificazioni, perché, avendole di fronte, gli servissero da mura e non fosse costretto a combattere contro la

sua volontà. Frattanto la figlia minore del re Tolomeo, nella speranza del possesso del regno vacante, lasciò la reggia

rifugiandosi da Achilla e incominciò a dirigere la guerra insieme a lui. Ma in breve tempo sorse tra loro una contesa sul

potere supremo e ciò fece sì che le elargizioni ai soldati fossero aumentate; ciascuno cercava infatti di conquistarsi il loro

favore con grandi profusioni di denaro. Mentre presso i nemici accadeva ciò, Potino [tutore del fanciullo e reggente del regno,

che si trovava nel quartiere occupato da Cesare] mandava ambasciatori ad Achilla esortandolo a non desistere dall'impresa e a

non perdersi d'animo; i suoi messaggeri furono denunziati e catturati ed egli fu ucciso. [Questi furono gli inizi della guerra

alessandrina].

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