Paragrafo 61
Quos Pompeius quod erant honesto loco nati et instructi liberaliter magnoque comitatu et
multis iumentis venerant virique fortes habebantur et in honore apud Caesarem fuerant quodque novum et praeter consuetudinem
acciderat omnia sua praesidia circumduxit atque ostentavit. Nam ante id tempus nemo aut miles aut eques a Caesare ad Pompeium
transierat cum paene cotidie a Pompeio ad Caesarem perfugerent vulgo vero universi in Epiro atque Aetolia conscripti milites
earumque regionum omnium quae a Caesare tenebantur. Sed hi cognitis omnibus rebus seu quid in munitionibus perfectum non erat
seu quid a peritioribus rei militaris desiderari videbatur temporibusque rerum et spatiis locorum custodiarum varia diligentia
animadversa prout cuiusque eorum qui negotiis praeerant aut natura aut studium ferebat haec ad Pompeium omnia
detulerunt.
Paragrafo 62
Quibus ille cognitis rebus eruptionisque iam ante capto
consilio ut demonstratum est tegimenta galeis milites ex viminibus facere atque aggerem iubet comportare. His paratis rebus
magnum numerum levis armaturae et sagittariorum aggeremque omnem noctu in scaphas et naves actuarias imponit et de media nocte
cohortes LX ex maximis castris praesidiisque deductas ad eam partem munitionum ducit quae pertinebant ad mare longissimeque a
maximis castris Caesaris aberant. Eodem naves quas demonstravimus aggere et levis armaturae militibus completas quasque ad
Dyrrachium naves longas habebat mittit et quid a quoque fieri velit praecipit. Ad eas munitiones Caesar Lentulum Marcellinum
quaestorem cum legione VIIII positum habebat. Huic quod valetudine minus commoda utebatur Fulvium Postumum adiutorem
submiserat.
Paragrafo 63
Erat eo loco fossa pedum XV et vallum contra hostem in
altitudinem pedum X tantundemque eius valli agger in latitudinem patebat: ab eo intermisso spatio pedum DC alter conversus in
contrariam partem erat vallus humiliore paulo munitione. Hoc enim superioribus diebus timens Caesar ne navibus nostri
circumvenirentur duplicem eo loco fecerat vallum ut si ancipiti proelio dimicaretur posset resisti. Sed operum magnitudo et
continens omnium dierum labor quod milium passuum in circuitu XVII munitiones erat complexus perficiendi spatium non dabat.
Itaque contra mare transversum vallum qui has duas munitiones coniungeret nondum perfecerat. Quae res nota erat Pompeio delata
per Allobrogas perfugas magnumque nostris attulerat incommodum. Nam ut ad mare duo cohortes nonae legionis excubuerant
accessere subito prima luce Pompeiani; simul navibus circumvecti milites in exteriorem vallum tela iaciebant fossaeque aggere
complebantur et legionarii interioris munitionis defensores scalis admotis tormentis cuiusque generis telisque terrebant
magnaque multitudo sagittariorum ab utraque parte circumfundebatur. Multum autem ab ictu lapidum quod unum nostris erat telum
viminea tegimenta galeis imposita defendebant. Itaque cum omnibus rebus nostri premerentur atque aegre resisterent animadversum
est vitium munitionis quod supra demonstratum est atque inter duos vallos qua perfectum opus non erat Pompeiani navibus eiti in
aversos nostros impetum fecerunt atque ex utraque munitione deiectos terga vertere
coegerunt
Paragrafo 64
Hoc tumultu nuntiato Marcellinus cohortes subsidio nostris
laborantibus submittit ex castris; quae fugientes conspicatae neque illos suo adventu confirmare potuerunt neque ipsae hostium
impetum tulerunt. Itaque quodcumque addebatur subsidii id corruptum timore fugientium terrorem et periculum augebat; hominum
enim multitudine receptus impediebatur. In eo proelio cum gravi vulnere esset affectus aquilifer et a viribus deficeretur
conspicatus equites nostros “hanc ego” inquit “et vivus multos per annos magna diligentia defendi et nunc moriens eadem fide
Caesari restituo. Nolite obsecro committere quod ante in exercitu Caesaris non accidit ut rei militaris dedecus admittatur
incolumemque ad eum deferte.” Hoc casu aquila conservatur omnibus primae cohortis centurionibus interfectis praeter principem
priorem.
Paragrafo 65
Iamque Pompeiani magna caede nostrorum castris Marcellini
appropinquabant non mediocri terrore illato reliquis cohortibus et M. Antonius qui proximum locum praesidiorum tenebat ea re
nuntiata cum cohortibus XII descendens ex loco superiore cernebatur. Cuius adventus Pompeianos compressit nostrosque firmavit
ut se ex maximo timore colligerent. Neque multo post Caesar significatione per castella fumo facta ut erat superioris temporis
consuetudo deductis quibusdam cohortibus ex praesidiis eodem venit. Qui cognito detrimento eum animadvertisset Pompeium extra
munitiones egressum castra secundum mare munire ut libere pabulari posset nec minus aditum navibus haberet commutata ratione
belli quoniam propositum non tenuerat castra iuxta Pompeium munire iussit.
Versione tradotta
Poiché
erano di nobile origine, largamente equipaggiati, e si erano presentati con un folto seguito e molti cavalli, erano ritenuti
uomini coraggiosi ed erano stati tenuti in gran conto da Cesare, e poiché si trattava di un fatto nuovo e fuori
dell'ordinario, Pompeo li condusse in giro in tutti i suoi posti di guardia, facendone mostra. Mai prima, infatti, era
accaduto che qualcuno, fante o cavaliere, passasse dalla parte di Cesare a quella di Pompeo, mentre quasi ogni giorno i
pompeiani disertavano e andavano ad unirsi a Cesare: lo facevano anzi in massa tutti i soldati arruolati in Epiro e in Etolia e
in tutte le regioni occupate da Cesare. Ma i due, che erano perfettamente al corrente di tutti i particolari, se in qualche
punto del campo di Cesare le fortificazioni non erano ultimate o se gli esperti trovavano che in qualche punto lasciassero a
desiderare, e avevano inoltre osservato i tempi di ogni operazione e le distanze tra i vari Punti, la maggiore o minore
diligenza del servizio di guardia, a seconda del carattere e della solerzia di ciascuno di coloro cui erano assegnati i vari
compiti, riferirono ogni cosa a Pompeo.
Pompeo, venuto a conoscenza
di queste cose e avendo deciso già in precedenza, come si è detto, di fare una sortita, ordina ai soldati di preparare con
vimini coperture per gli elmi e di ammassare materiale per formare un terrapieno. Predisposto ciò, di notte fa salire su
battelli e navi veloci un gran numero di soldati armati alla leggera e di arcieri e caricare tutto il materiale per il
terrapieno. Intorno a mezzanotte fa uscire fuori dal campo maggiore e dai presidi sessanta coorti conducendole da quella parte
delle fortificazioni rivolta verso il mare e molto lontana dall'accampamento più grande di Cesare. Colà manda le navi cariche,
come si è detto, di soldati armati alla leggera e del materiale e le navi da guerra di stanza a Durazzo e a ciascuno impartisce
ordini dettagliati. Presso quelle fortificazioni Cesare aveva disposto il questore Lentulo Marcellino con la nona legione. A
costui, che non godeva di buona salute, aveva affiancato, come aiutante, Fulvio
Postumo.
Era stato scavato in quel punto un fossato profondo quindici
piedi ed era stato elevato contro il nemico un valfo di dieci piedi d'altezza con un terrapieno della stessa larghezza . A
seicento piedi di distanza da questo, era stato costruito un altro vallo rivolto dalla parte opposta con una fortificazione un
po' più bassa. Nei giorni precedenti infatti, Cesare, temendo che i nostri venissero accerchiati con le navi, aveva fatto
costruire in quel luogo una doppia palizzata, per poter resistere nel caso di un attacco su due fronti. Ma, a causa
dell'ampiezza dei lavori e della quotidiana fatica, dato che la linea fortificata comprendeva un circuito di diciassette
miglia , non c'era stato il tempo di portarla a termine. Non era stato quindi ancora ultimato il vallo trasversale, situato
dalla parte del mare, che doveva collegare le due fortificazioni. La conoscenza da parte di Pompeo di questo particolare,
rivelatogli dai disertori allobrogi, mise i nostri in grave difficoltà. Come infatti le nostre coorti che avevano montato la
guardia presso la costa si furono allontanate, ecco arrivare improvvisamente, all'alba, l'esercito di Pompeo.
Contemporaneamente, le truppe trasportate via mare, gettavano proiettili sul vallo esterno e riempivano il fossato col
materiale per il terrapieno, mentre i legionari mettevano in grave apprensione i difensori della fortificazione interna
accostando scale e macchine da guerra di ogni tipo e lanciando proiettili, mentre un numero enorme di arcieri si spargeva da
ogni lato. D'altra parte, le protezioni di vimini che i nemici avevano sovrapposto agli elmi, li difendevano validamente dal
lancio di pietre, che erano gli unici proiettili a nostra disposizione. Quindi, mentre i nostri venivano incalzati con ogni
mezzo e resistevano a stento, fu notato nella linea delle fortificazioni il difetto di cui si è parlato prima e le truppe
trasportate via mare, sbarcate tra le due palizzate, dove le fortificazioni non erano state completate, assalirono i nostri
alle spalle e, cacciatili da ambedue le fortificazioni, li costrinsero a volgere in
fuga.
All'annuncio di questo assalto improvviso, Marcellino manda
dal campo coorti ... in aiuto ai nostri in difficoltà, ma queste trovarono i nostri in fuga e non poterono col loro arrivo
infondere coraggio; esse stesse non sostennero l'assalto nemico. E così, qualunque aiuto inviato, contaminato dal terrore dei
fuggitivi, aumentava a sua volta terrore e pericolo: infatti la ritirata veniva impedita dal gran numero di uomini. In quella
battaglia un aquilifero, ferito gravemente, mentre già gli venivano meno le forze, alla vista dei nostri cavalieri disse:
"Quest'aquila io da vivo per molti anni l'ho difesa con grande zelo e ora, morendo, la restituisco a Cesare con la medesima
fedeltà. Vi prego, non permettete che sia commesso atto vergognoso per l'onore militare, cosa che mai è avvenuta prima
nell'esercito di Cesare, e consegnategliela intatta". In tal modo l'aquila fu salvata, sebbene fossero uccisi tutti i
centurioni della prima coorte, eccetto il centurione al comando della prima centuria.
I pompeiani, dopo aver fatto strage dei nostri, si avvicinavano ormai
all'accampamento di Marcellino, non senza creare una notevole apprensione tra le coorti, mentre si vedeva arrivare Marco
Antonio, comandante del più vicino presidio, che, informato dell'accaduto, discendeva la collina con dodici coorti . Il suo
arrivo trattenne i pompeiani e confortò i nostri, dando loro modo di riprendersi dal panico. Non molto tempo dopo, Cesare,
avvertito con segnali di fumo di fortino in fortino, come si faceva di solito, prelevate alcune coorti dai presidi, arrivò sul
posto. Egli, verificato il danno, essendosi reso conto che Pompeo, uscito dalla linea fortificata, aveva intenzione di
allestire un campo vicino al mare per poter foraggiare liberamente e accedere più agevolmente alle navi, mutati radicalmente i
suoi piani, visto che non aveva raggiunto lo scopo, diede l'ordine di trincerarsi accanto a Pompeo.
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- De Bello Civili di Giulio Cesare
- Cesare