Quam ob rem aut exigendi reges non fuerunt aut plebi re non verbo danda libertas. Quae tamen sic data est ut multis praeclarissimis adduceretur ut auctoritati principum cederet.
Nostra autem causa quae optume et dulcissume frater incidit in tribuniciam potestatem nihil habuit contentionis cum tribunatu. Non enim plebes incitata nostris rebus invidit sed vincula soluta sunt et servitia concitata adiuncto terrore etiam militari. Neque nobis cum illa tum peste certamen fuit sed cum gravissimo rei publicae tempore cui si non cessissem non diuturnum beneficii mei patria fructum tulisset. Atque haec rerum exitus indicavit: quis enim non modo liber sed etiam servus libertate dignus fuit cui nostra salus cara non esset?
Versione tradotta
Perciò o non si sarebbero dovuti cacciare i re, o si doveva concedere alla plebe una libertà concreta, non a parole. Questa tuttavia fu concessa in modo tale da cedere all'autorità dei più ragguardevoli cittadini, grazie numerose ottime istituzioni.
La mia attività politica la quale, ottimo e caro fratello, si scontrò con l'autorità tribunizia, non ebbe alcuna contesa col tribunato in sé.Non fu infatti la plebe eccitata a scagliarsi contro i nostri beni, ma furono aperte le prigioni e furono aizzati gli schiavi, aggiungendovi per di più il terrore militare. Ed io allora non ebbi alcuno scontro con quell'uomo pestifero, ma con la gravissima situazione politica, per cui se io non mi fossi piegato, la mia patria non avrebbe conseguito un duraturo frutto del beneficio da me fattole. E questo fu confermato dalla conclusione degli avvenimenti: chi vi fu, non solo di libera condizione, ma anche schiavo degno di libertà, al quale non stesse a cuore la nostra salvezza?
- Letteratura Latina
- Libro 3
- Cicerone
- De Legibus