Proximum autem est de suifragiis quae iubeo nota esse optimatibus populo libera.
Atticus: Ita mehereule attendi nec satis intellexi quid sibi lex aut quid verba ista vellent.
Marcus: Dicam Tite et versabor in re difficili ac multum et saepe quaesita suffragia in magistratu mandando ac de reo iudicando que in lege aut rogatione clam an palam ferri melius esset.
Quintus: An etiam id dubium est? Vereor ne a te rursus dissentiam.
Marcus: Non facies Quinte. Nam ego in ista sum sententia qua te fuisse semper scio nihil ut fuerit in suffragiis voce melius; sed optineri an possit videndum est.
Versione tradotta
II prossimo argomento riguarda le votazioni, di cui vorrei che gli ottimati fossero informati, e libere al popolo.
Attico: - Così ho inteso, ma non mi è stato abbastanza chiaro che cosa volesse dire questa legge o queste parole.
Marco: - Lo dirò, Tito, e dovrò trattenermi su un argomento difficile, molto e spesso dibattuto, se sia meglio cioè il voto segreto o quello pubblico nell'elezione di un magistrato o nel giudicare un imputato e nel proporre o decretare una legge.
Quinto: - Ma c'è da dubitarne? Temo di non essere nuovamente d'accordo con te.
Marco: - Non lo sarai, Quinto. Infatti io ho quest'opinione che so essere sempre stata condivisa da te, cioè che nelle votazioni nulla vi sarebbe di meglio della dichiarazione verbale; ma occorre che si accerti se sussistano le condizioni perché si possa fare.
- Letteratura Latina
- Libro 3
- Cicerone
- De Legibus