Quae si opposita sunt ambitiosis ut sunt fere non reprehendo; si non valuerint tamen leges ut ne sit ambitus habeat sane populus tabellam quasi vindicem libertatis dummodo haec optimo cuique et gravissimo civi ostendatur ultroque offeratur ut in eo sit ipso libertas quod populo potestas honeste bonis gratificandi datur. Eoque nunc fit illud quod a te modo Quinte dictum est ut minus multos tabella condemnet quam solebat vox quia populo licere satis est: hoc retento reliqua voluntas auctoritati aut gratiae traditur. Itaque ut omittam largitione corrupta suffragia non vides si quando ambitus sileat quaeri in suifragiis quid optimi viri sentiant? Quam ob rem lege nostra libertatis species datur auctoritas bonorum retinetur contentionis causa tollitur.
Versione tradotta
E se tutte queste norme si oppongono agli ambiziosi, come effettivamente lo sono per lo più, io non le critico; ma se le leggi avessero efficacia per eliminare i brogli elettorali, il popolo abbia pure la scheda, quasi garanzia di libertà, purché questa scheda possa essere mostrata a tutti i migliori e più seri cittadini e venga esposta spontaneamente; in tal modo con questo stesso atto si manifesti la libertà per cui si dà al popolo la facoltà di rendere onestamente un servigio ai galantuomini. Perciò ora accade quello che tu poco fa hai detto, Quinto, che la scheda ne condanna molto meno di quanti di solito ne condannasse il voto verbale, poiché il popolo è soddisfatto di averne la facoltà. Ottenuto ciò, egli affida gli altri suoi voleri al prestigio o alla riconoscenza. E così, per non parlare delle votazioni corrotte dall'elargizione di danaro, non vedi che, allorché tace l'intrigo, ci si informa durante le votazioni cosa ne pensino i miglioi cittadini? Ecco dunque che con la nostra legge si concede l'apparenza della libertà, si mantiene il prestigio dei galantuomini, si elimina una causa di contrasti.
- Letteratura Latina
- Libro 3
- Cicerone
- De Legibus