Deinde sequitur quibus ius sit cum populo agendi aut cum senatu. gravis et ut arbitror praeclara lex: ‘Quae cum populo quaeque in patribus agentur modica sunto’ id est modesta atque sedata. Actor enim moderatur et fingit non modo mentes ac voluntates sed paene vultus eorum apud quos agit. Quod si in senatu non difficile; est enim ipse senator is cuius non ad actorem referatur animus sed qui per se ipse spectari velit. Huic iussa tria sunt: ut adsit nam gravitatem res habet cum frequens ordo est; ut loco dicat id est rogatus; ut modo ne sit infinitus. Nam brevitas non modo senatoris sed etiam oratoris magna laus est in sententia nec est umquam longa oratione utendum quod fit ambitione saepissime nisi aut peccante senatu nullo magistratu adiuvante tolli diem utile est aut cum tanta causa est ut opus sit oratoris copia vel ad hortandum vel ad docendum; quorum generum in utroque magnus noster Cato est.
Versione tradotta
Segue poi l'articolo relativo a chi debba avere la facoltà di trattare col popolo o col senato. Legge severa, a quel che penso, ed eccellente: " [Le proposte fatte al popolo] ed ai senatori siano misurate ", cioè, equilibrate e ponderate. Il presentatore infatti governa e plasma non soltanto le menti e la volontà, ma quasi il volto stesso di coloro ai quali si rivolge. Il che non è difficile tranne che in senato, poiché il senatore è appunto tale da non lasciar trasportare il proprio animo dall'oratore, ma da voler capire tutto da se stesso. Per questo esistono tre precetti: che intervenga; infatti la discussione acquista in serietà quando l'assemblea è al completo; che parli quando è il suo turno, cioè quando è interpellato; che non sia prolisso. Infatti la concisione nell'esporre il proprio pensiero è un grande pregio non soltanto del senatore, ma anche dell'oratore. Né ci si dovrebbe mai servire di un lungo discorso, - il che accade spessissimo per gli intrighi - se non nel caso in cui per colpa del senato sia utile far perdere un giorno senza l' intervento propizio di un magistrato, oppure quando l'argomento è di tale importanza, che sia necessaria la facondia dell'oratore per esortare o per dimostrare; ed in ambedue questi generi è grande il nostro Catone.
- Letteratura Latina
- Libro 3
- Cicerone
- De Legibus