Deinceps sunt cum populo actiones in quibus primum et maximum vis abesto’. Nihil est enim exitiosius civitatibus nihil tam contrarium iuri ac legibus nihil minus civile et inhumanius quam composita et constituta re publica quicquam agi per vim. Parere iubet intercessori quo nihil praestius: impediri enim bonam rem melius quam concedi malae.
Quod vero actoris iubeo esse fraudem id totum dixi ex Crassi sapientissimi hominis sententia quem est senatus secutus cum decrevisset C. Claudio consule de Cn. Carbonis seditione referente invito eo qui cum populo ageret seditionem non posse fieri quippe cui liceat concilium simul atque intercessum turbarique coeptum sit dimittere. Quod qui perget cum agi nihil potest vim quaerit cuius inpunitatem amittit hac lege.
Versione tradotta
Inoltre vi sono i rapporti col popolo, fra i quali la prima e più importante norma è " stia lontana la violenza ". Nulla infatti è più dannoso per gli Stati, nulla tanto contrario al diritto ed alle leggi, nulla meno civile e più disumano che affrontare dei problemi con la forza in uno Stato ben ordinato e strutturato. Si impone poi di obbedire a chi si presenta come oppositore, di cui nulla vi è di più importante: è infatti meglio bloccare una iniziativa buona anziché avviarne una cattiva.
In quanto al punto dove stabilisco che "la colpa sia del presidente ", tutto ciò l'ho detto in base al pensiero di Crasso, uomo di grandissima saggezza; il senato lo approvò, e questo in occasione della relazione del console C. Claudio sulla sommossa di Cn. Carbone, dopo aver decretato che nessuna sommossa poteva mai verificarsi contro la volontà di chi aveva convocato il popolo, potendo egli sciogliere l'assemblea non appena si facesse opposizione e s'incominciasse a creare torbidi. Chi persiste nelle agitazioni, quando non si può decidere nulla, va in cerca di violenza, per la quale non può rimanere impunito in base a questa legge.
- De Legibus
- Libro 3
- Cicerone
- De Legibus