De Legibus, Libro 3, Paragrafo 46 - Studentville

De Legibus, Libro 3, Paragrafo 46

Sequitur de captis pecuniis et de ambitu. quae cum magis iudiciis quam verbis sancienda sint adiungitur ‘noxiae poena par esto’ ut in suo vitio quisque plectatur vis capite avaritia multa honoris cupiditas ignominia sanciatur.

Extremae leges sunt nobis non usitatae rei publicae necessariae. Legum custodiam nullam habemus itaque eae leges sunt quas apparitores nostri volunt: a librariis petimus publicis litteris consignatam memoriam publicam nullam habemus. Graeci hoc diligentius apud quos nomofulakoi creantur nec ei solum litteras — nam id quidem etiam apud maiores nostros erat — sed etiam facta hominum observabant ad legesque revocabant.

Versione tradotta

Seguono gli articoli circa l'accettazione di doni in denaro e circa i brogli elettorali. E poiché le leggi devono essere rese efficaci più con i processi che con le parole, si aggiunge: "Vi sia una pena pari alla colpa", affinchè ciascuno sia colpito secondo la sua colpa, la violenza con la morte, l'avidità con un'ammenda, l'ambizione sfrenata per gli onori con l'infamia. Le ultime leggi non sono in vigore presso di noi, eppure necessarie allo Stato. Non abbiamo alcun depositario della legge; pertanto le leggi sono quali le vogliono i nostri cancellieri; le andiamo a chiedere ai copisti, non abbiamo nessun documento pubblico inserito in atti pubblici. I Greci agirono con maggiore diligenza; presso di loro si nominavano dei " custodi delle leggi ", ed essi non solo custodivano il testo autentico - il che si faceva anche presso i nostri antenati -, ma essi osservavano anche le azioni degli individui e li richiamavano all'osservanza delle leggi.

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