essem vellemque e bibliotheca pueri Luculli quibusdam libris uti, veni in
eius villam, ut eos ipse, ut solebam, depromerem. quo cum venissem, M. Catonem, quem ibi esse nescieram, vidi in bibliotheca
sedentem multis circumfusum Stoicorum libris. erat enim, ut scis, in eo aviditas legendi, nec satiari poterat, quippe qui ne
reprehensionem quidem vulgi inanem reformidans in ipsa curia soleret legere saepe, dum senatus cogeretur, nihil operae rei
publicae detrahens. quo magis tum in summo otio maximaque copia quasi helluari libris, si hoc verbo in tam clara re utendum
est, videbatur.
Versione tradotta
Poichè mi trovavo dunque nella mia villa di Tuscolo e volevo consultare certuni libri dalla biblioteca del giovane Lucullo; mi
recai, allora, nella sua villa, per prenderli io stesso di mia mano, come mio solito. Giuntovi, scorsi in biblioteca Catone,non
sapevo che si trovasse lì, che era circondato una caterva di libri di stoici (filosofi). Era, infatti, tutto preso dalla
lettura,come sai né poteva essere infastidito, dal momento che è uno che soleva spesso sprofondarsi nella lettura nella stessa
curia, incurante di qualsivoglia accusa, rivoltagli dal volgo, di pensare ad altro, mentre il senato era in riunione; comunque,
in realtà, non veniva meno alla sua responsabilità nei confronti dello Stato.
Tanto più, allora,oramai disimpegnato dai
pubblici affari, con tanta disponibilità - sembrava, come dire quasi divorare i libri, se l'espressione è consentita in un
contesto così elevato. (traduzione di Bukowski)
- Letteratura Latina
- De finibus bonorum et malorum di Cicerone
- Cicerone