Exercitum cum militari more ad pugnam cohortaretur suaque in eum
perpetui temporis officia praedicaret, imprimis commemoravit: testibus se militibus uti posse, quanto studio pacem petisset;
quae per Vatinium in colloquiis, quae per Aulum Clodium eum Scipione egisset, quibus modis ad Oricum cum Libone de mittendis
legatis contendisset. Neque se umquam abuti militum sanguine neque rem publicam alterutro exercitu privare voluisse. Hac habita
oratione exposcentibus militibus et studio pugnae ardentibus tuba signum dedit.
Versione tradotta
Mentre
secondo l’usanza militare incitava l’esercito a combattere ed diceva quali fossero stati da sempre i suoi servizi in questo e
in primo luogo ricordò che avrebbe potuto chiamare soldati per provare con quanto impegno avesse ricercato la pace, quale fosse
l’argomento di conversazione attraverso Vatinio; o Aulo Clodio con Scipione e come avesse insistito con Libone mandare degli
ambasciatori ad Drico. Di non aver mai tratto alcun vantaggio disparendo il sangue dei soldati e di non essere mai stato
intenzionato a privare lo stato di uno dei suoi due eserciti. Tenuto questo discorso, diede ai soldati che lo richiedevano e
desiderosi di combattere il segnale con la tromba.
- Letteratura Latina
- De Bello Civili di Giulio Cesare
- Cesare