Caesar Pompeianis
ex fuga intra vallum compulsis nullum spatium perterritis dari oportere existimans milites cohortatus est ut beneficio fortunae
uterentur castraque oppugnarent. Qui etsi magno aestu fatigati (nam ad meridiem res erat perducta) tamen ad omnem laborem animo
parati imperio paruerunt. Castra a cohortibus quae ibi praesidio erant relictae industrie defendebantur multo etiam acrius a
Thracibus barbarisque auxiliis. Nam qui acie refugerant milites et animo perterriti et lassitudine confecti missis plerique
armis signisque militaribus magis de reliqua fuga quam de castrorum defensione cogitabant. Neque vero diutius qui in vallo
constiterant multitudinem telorum sustinere potuerunt sed confecti vulneribus locum reliquerunt protinusque omnes ducibus usi
centurionibus tribunisque militum in altissimos montes qui ad castra pertinebant confugerunt.
Versione tradotta
Quando i pompeiani in fuga furono ricacciati nel vallo, ritenendo che non si dovesse
dar tregua ai nemici atterriti, Cesare esortò i soldati ad approfittare del favore della sorte e prendere d'assalto
l'accampamento. Essi, benché affaticati dal gran caldo -la battaglia si era infatti protratta fino a mezzogiorno - pronti
tuttavia a qualunque fatica, obbedirono. Il campo era strenuamente difeso dalle coorti che vi erano state lasciate di presidio
e anche con maggiore accanimento dai Traci e dai barbari delle truppe ausiliarie. Infatti, i soldati che vi si erano rifugiati
dal campo di battaglia, spaventati e distrutti dalla fatica, abbandonate per lo più armi ed insegne, pensavano più a continuare
la fuga che a difendere l'accampamento. Quelli che si erano attestati sul vallo non poterono resistere a lungo alla massa dei
proiettili che li investiva e, coperti di ferite, abbandonarono la posizione e tutti, immediatamente, guidati dai centurioni e
dai tribuni militari si rifugiarono sugli altissimi monti che si levavano nei pressi dell'accampamento.
- Letteratura Latina
- De Bello Civili di Giulio Cesare
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