Sicanio
praetenta sinu iacet insula contra
Plemyrium undosum; nomen dixere priores
Ortygiam. Alpheum fama est huc Elidis
amnem
occultas egisse vias subter mare, qui nunc
ore, Arethusa, tuo Siculis confunditur undis.
iussi numina magna
loci veneramur, et inde
exsupero praepingue solum stagnantis Helori.
hinc altas cautes proiectaque saxa Pachyni
radimus, et fatis numquam concessa moveri
apparet Camerina procul campique Geloi,
immanisque Gela fluvii cognomine
dicta.
arduus inde Acragas ostentat maxima longe
moenia, magnanimum quondam generator equorum;
teque datis linquo
ventis, palmosa Selinus,
et vada dura lego saxis Lilybeia caecis.
hinc Drepani me portus et inlaetabilis ora
accipit. hic pelagi tot tempestatibus actus
heu, genitorem, omnis curae casusque levamen,
amitto Anchisen. hic me,
pater optime, fessum
deseris, heu, tantis nequiquam erepte periclis.
nec vates Helenus, cum multa horrenda moneret,
hos mihi praedixit luctus, non dira Celaeno.
hic labor extremus, longarum haec meta viarum,
hinc me digressum
vestris deus appulit oris.
Sic pater Aeneas intentis omnibus unus
fata renarrabat divum cursusque docebat.
conticuit tandem factoque hic fine quievit.
Versione tradotta
Di fronte al golfo Sicanio giace, stesa davanti, unisola contro
londoso Plemurio; gli antichi diedero il
nome
di Ortigia. E fama che Alfeo, fiume dellElide,
avesse qui rese occulte le vie sotto il mare, egli ora,
Aretusa,
sulla tua bocca si unisce alle onde sicule.
Obligati veneriamo le grandi potenze del luogo e di lì
supero il ricchissimo
suolo dellEloro stagnante.
Di qui rasentiamo le alte rocce e le protese rupi
di Pachino e da lontano appare Camerina
mai
autorizzata dai fati a muoversi, ed i campi Geloi,
e la grandiosa Gela chiamata dal nome del fiume.
Di lì alta
Agrigento mostra da lontano le grandissime
mura, un tempo fattrice di magnanimi cavalli;
e, dati i venti, lascio te,
palmosa Selinunte,
e percorro le secche Lilibee aspre per le cieche rocce.
Di qui mi accoglie il porto e la spiaggia che
non dà gioia
di Drepano. Qui spinto da tante bufere di mare,
ahimè, perdo il padre, sollievo di ogni affanno e
sorte,
Anchise. Qui, padre ottimo, mi abbandoni stanco, ahimè
invano strappato da sì gravi pericoli.
Né il vate Eleno,
pur predicendo molte cose orrende,
mi predisse questi lutti, nemmeno la crudele Celeno.
Qui lultima affanno, questa la
meta delle lunghe vie,
di qui partito un dio mi spinse alle vostre spiagge.
Così il padre Enea solo raccontava, tutti
attenti,
i fati degli dei e rivelava le rotte.
Tacque infine e qui si fermò col racconto e la fine.
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