Libro 4 - Favola 7 - Studentville

Libro 4 - Favola 7

Tu qui nasute scripta destringis mea, et hoc iocurum legere fastidis genus,

parva libellum sustine patientia, severitatem frontis dum placo tuae et in coturnis prodit Aesopus novis: “Utinam nec umquam

Pelii in nemoris iugo pinus bipenni concidisset Thessala, nec ad professae mortis audacem viam fabricasset Argus opere Palladio

ratem, inhospitalis prima quae Ponti sinus patefecit in perniciem Graium et Barbarum. Namque et superbi luget Aeetae domus, et

regna Peliae scelere Medeae iacent, quae, saevum ingenium variis involvens modis, illinc per artus fratris explicuit fugam, hic

caede patris Peliadum infecit manus.” Quid tibi videtur? “Hoc quoque insulsum est”, ait “falsoque dictum, longe quia vetustior

Aegea Minos classe predomuit freta, iustique vindicavit exemplum imperi.” Quid ergo possum facere tibi, lector Cato, si nec

fabellae et iuvant nec fabulae? Noli molestus esse ominino litteris, maiorem exhibeant ne tibi molestiam. Hoc illis dictum qui

stultitia nausiant et, ut putentur sapere, caelum vituperant.

Versione tradotta

Tu che, o nasuto, distruggi i miei

scritti, e ti infastidisci a leggere questo genere di scherzi, sopporta il libretto con poca pazienza, mentre placo la serietà

della tua fronte ed Esopo esce con coturni nuovi: ”Oh se mai sul giogo del bosco Pelio il pino tessalo non fosse mai caduto per

la dipenne, né Argo avesse fabbricato la zattera per opera di Pallade per l’audace via della morte dichiarata, che per prima

aprì i golfi del Ponto inospitale a danno dei Grai e dei barbari. Infatti la casa del superbo Eeta piange ed i regni di Pelia

giacciono per il delitto di Medea, che, movendo il crudele ingegno in vari modi, di lì attraverso le membra del fratello spiegò

la fuga, qui insudiciò le mani dei Pleiadi con la strage del padre.” Che ti pare? “Anche questo è insulso”, dice, e detto

falsamente, poiché il molto più antico Minasse con flotta Egea domò i flutti, e vendicò l’esempio del giusto impero.” Che

dunque posso fare per te, lettore Catone, se né le favole né le favolette ti piacciono? Non essere totalmente avverso alle

lettere, che non ti diano maggiore avversione. Questo (fu) detto per quelli che per stoltezza si disgustano e, perché siano

giudicati aver gusto, biasimano il cielo.

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