At hostes ubi primum nostros equites conspexerunt, quorum erat v milium numerus, cum ipsi non amplius octingentos equites haberent, quod ii, qui frumentandi causa erant trans Mosam profecti, nondum redierant, nihil timentibus nostris, quod legati eorum paulo ante a Caesare discesserant atque is dies indutiis erat ab his petitus, impetu facto celeriter nostros perturbaverunt. Rursus his resistentibus sua consuetudine ad pedes desiluerunt subfossisque equis compluribusque nostris deiectis reliquos in fugam coniecerunt atque ita perterritos egerunt, ut non prius fuga desisterent quam in conspectum agminis nostri venissent. In eo proelio ex equitibus nostris interficiuntur quattuor et septuaginta, in his vir fortissimus Piso Aquitanus amplissimo genere natus, cuius avus in civitate sua regnum obtinuerat, amicus ab senatu nostro appellatus. Hic cum fratri intercluso ab hostibus auxilium ferret, illum ex periculo eripuit, ipse equo vulnerato deiectus, quoad potuit, fortissime restitit; cum circumventus multis vulneribus acceptis cecidisset atque id frater, qui iam proelio excesserat, procul animadvertisset, incitato equo se hostibus obtulit atque item interfectus est.
Versione tradotta
Ma i nemici appena videro i nostri cavalieri, il cui numero era di cinque mila, mentre essi non avevano più di ottocento cavalieri, poiché quelli che erano andati oltre la Mosa per far provviste, non erano ancora tornati, mentre i nostri non temevano nulla, poiché i loro ambasciatori poco prima erano partiti da Cesare e quel giorno era stato da essi richiesto per la tregua, lanciato un attacco velocemente scompigliarono i nostri.
Ma, resistendo i nostri, secondo la loro abitudine saltarono giù a piedi e colpiti da sotto i cavalli, e scavalcati parecchi nostri, misero in fuga gli altri e li resero così terrorizzati che no cessarono dalla fuga prima di esser giunti in vista della nostra schiera. In quello scontro vengono ammazzati settanta quattro dei nostri cavalieri, tra questi un uomo fortissimo Pisone Aquilano nato da nobile famiglia, il cui avo aveva tenuto il potere nella sua nazione, dichiarato amico dal nostro senato. Costui mentre portava aiuto al fratello chiuso tra i nemici, lo strappò dal pericolo, lui sbalzato dal cavallo ferito, fin che potè resistette molto audacemente; attorniato, essendo caduto dopo aver ricevuto molte ferite ed essendosi accorto di questo da lontano il fratello, che ormai era uscito dalla mischia, spronato il cavallo si buttò tra i nemici e allo stesso modo fu ucciso.
- Letteratura Latina
- Libro 4
- Cesare
- De Bello Gallico