Pugnatum est ab utrisque acriter. Nostri tamen, quod neque ordines servare neque firmiter insistere neque signa subsequi poterant atque alius alia ex navi quibuscumque signis occurrerat se adgregabat, magnopere perturbabantur. Hostes vero notis omnibus vadis, ubi ex litore aliquos singulares ex navi egredientes conspexerant, incitatis equis impeditos adoriebantur, plures paucos circumsistebant, alii ab latere aperto in universos tela coniciebant. Quod cum animadvertisset Caesar, scaphas longarum navium, item speculatoria navigia militibus compleri iussit, et quos laborantes conspexerat, his subsidia submittebat. Nostri simul in arido constiterunt, suis omnibus consecutis in hostes impetum fecerunt atque eos in fugam dederunt, neque longius prosequi potuerunt, quod equites cursum tenere atque insulam capere non potuerant. Hoc unum ad pristinam fortunam Caesari defuit.
Versione tradotta
Si combatté aspramente da entrambi (gli eserciti). I nostri tuttavia, per il fatto che non potevano conservare le file né fermarsi saldamente né avanzare le insegne, e uno da una nave l’altro da altra si aggregava a qualunque insegna si era imbattuto, erano fortemente scompigliati. I nemici invece, essendo conosciuti tutti i bassifondi, appena avevano visti alcuni scendere dalla nave da soli, spronati i cavalli, li assalivano (mentre erano) impacciati, in molti circondavano pochi, altri dal lato scoperto lanciavano armi contro tutti. Avendo notato questo, Cesare, ordinò di riempire di soldati i battelli delle navi da guerra ed ugualmente le imbarcazioni di vedetta, e quelli che aveva visti in difficoltà, ad essi inviava rinforzi. I nostri finalmente si fermarono all’asciutto, riunitisi tutti i loro, fecero un assalto contro i nemici e li mandarono in fuga, e non poterono proseguire più lontano, perché i cavalieri non avevano potuto tenere la rotta e toccare l’isola. Questo solo mancò a Cesare per la consueta sorte.
- Letteratura Latina
- Libro 4
- Cesare
- De Bello Gallico