Quibus rebus perturbatis nostris novitate pugnae tempore opportunissimo Caesar auxilium tulit. Namque eius adventu hostes constiterunt, nostri se ex timore receperunt. Quo facto ad lacessendum hostem et ad committendum proelium alienum esse tempus arbitratus suo se loco continuit et brevi tempore intermisso in castra legiones reduxit. Dum haec geruntur, nostris omnibus occupatis, qui erant in agris reliqui discesserunt. Secutae sunt complures dies continuae tempestates, quae et nostros in castris continerent et hostem a pugna prohiberent. Interim barbari nuntios in omnes partes dimiserunt paucitatemque nostrorum militum suis praedicaverunt, et quanta praedae faciendae atque in perpetuum sui liberandi facultas daretur, si Romanos castris expulissent, demonstraverunt. His rebus celeriter magna multitudine peditatus equitatusque coacta ad castra venerunt.
Versione tradotta
Essendo i nostri turbati da queste cose per la novità del combattimento in un momento molto propizio Cesare portò aiuto. Infatti al suo arrivo i nemici si fermarono, i nostri si ripresero dalla paura. Ritenendo che fosse occasione sfavorevole per provocare il nemico ed attaccare battaglia, si mantenne nella sua posizione e trascorso un breve tempo ricondusse le legioni negli accampamenti. Mentre si compivano queste cose, essendo tutti i nostri occupati, gli altri che erano nelle campagne si allontanarono. Seguirono per parecchi giorni tempeste frequenti, da tenere i nostri negli accampamenti e bloccare il nemico dallo scontro. Intanto i barbari inviarono in tutte le parti araldi e annunciarono ai loro la esiguità dei nostri soldati e rivelarono quale grande facilità fosse data di fare bottino e liberarsi per sempre, se avessero cacciato i Romani dagli
accampamenti. Con tali situazioni, raccolta velocemente una grande moltitudine di fanteria e cavalleria, giunsero agli accampamenti.
- De Bello Gallico
- Libro 4
- Cesare
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