Catilinarie, Libro 4, traduzione Par. 7 - Studentville

Catilinarie, Libro 4, traduzione Par. 7

Video duas adhuc esse sententias,

unam D. Silani, qui censet eos, qui haec delere conati sunt, morte esse multandos, alteram C. Caesaris, qui mortis poenam

removet, ceterorum suppliciorum omnis acerbitates amplectitur. Uterque et pro sua dignitate et pro rerum magnitudine in summa

severitate versatur. Alter eos, qui nos omnis [, qui populum Romanum] vita privare conati sunt, qui delere imperium, qui populi

Romani nomen extinguere, punctum temporis frui vita et hoc communi spiritu non putat oportere atque hoc genus poenae saepe in

inprobos civis in hac re publica esse usurpatum recordatur. Alter intellegit mortem ab dis inmortalibus non esse supplicii

causa constitutam, sed aut necessitatem naturae aut laborum ac miseriarum quietem esse. Itaque eam sapientes numquam inviti,

fortes saepe etiam lubenter oppetiverunt. Vincula vero, et ea sempiterna, certe ad singularem poenam nefarii sceleris inventa

sunt. Municipiis dispertiri iubet. Habere videtur ista res iniquitatem, si imperare velis, difficultatem, si rogare. Decernatur

tamen, si placet.

Versione tradotta

Vedo che ci sono già due opinioni, l’una di Silano il quale ritiene che coloro che hanno

tentato di distruggere tutto, debbano essere condannati a morte; l’altra di C. Cesare, il quale rifugge dalla pena capitale e

propone tutte le asprezze delle altre pene. Entrambe, sia a cagione della loro importanza, sia a cagione della gravità del

problema, sono trattate con estrema serietà. Il primo ritiene che quelli che hanno tentato di privare della vita noi tutti ed

il popolo romano, distruggere l’impero, estinguere il nome del popolo romano, non possano per un solo istante ancora godere

della vita e di questo afflato vitale, e ricorda che questo genere di pena è stato sempre applicato nella Repubblica nei

confronti dei cittadini indegni. Il secondo ritiene che la morte non è stata stabilita dagli dei immortali come supplizio, ma

si compendia o in una legge di natura o nella cessazione delle fatiche e delle miserie. Perciò i saggi non la affrontano mai

malvolentieri, i forti spesso anche volentieri. Per converso, le carceri, ed anche quelle in perpetuo, sono state introdotte

come pena specifica per delitti nefandi. Perciò propone che siano dispersi nei municipii. Questa misura può apparire iniqua se

la si ordina, dura se la si richiede. Tuttavia decidano come loro sembrerà opportuno.

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