Cum destinassem terminum operi statuere, in hoc ut aliis
asset materiae satis, consilium tacito corde damnavi [meum] Nam si quis etiam talis est tituli [appetens], quo pacto divinabit
quidnam omiserim, ut illud ipse incipiat famae tradere, sua cuique cum sit animi cogitatio colorque proprius? Ergo non levitas
mihi, sed certa ratio causam scribendi dedit. Quare, Particulo, quoniam caperis fabulis, (quas Aesopias, non Aesopi, nomino,
quia paucas ille ostendit, ego plures sero, usus vetusto genere sed rebus novis,) quartum libellum cum vacaris perleges. Hunc
obtrectare si volet malignitas, imitari dum non possit, obtrectet licet. Mihi parta laus est quod tu, quod similes tui vestras
in chartas verba transfertis mea, dignumque longa iudicatis memoria. Inlitteratum plausum nec desidero.
Versione tradotta
Avendo deciso
di stabilire una fine allopera, perché questa fosse sufficiente materiale ad altri, condannai con tacita mente il mio
proposito.
Infatti se uno desideroso di questo titolo, in qual modo indovinerà cosa io abbia tralasciato, perché lui stesso
cominci a tramandare quello alla fama, avendo ciascuno una sua interpretazione dellanimo, ed un proprio colore? Perciò non la
leggerezza, ma una logica sicura mi diede il motivo di scrivere. Perciò, Pariculone, poiché sei preso dalle favole, (che chiamo
Esopie, non di Esopo, poiché egli ne presentò poche, io parecchie più tardi, servendomi di un genere antico ma di cose nuove,)
leggerai, quando sei libero, un quarto libretto. Se la malignità vorrà biasimare questo, non potendolo imitare, lo biasimi
pure. A me è procurata la lode perché tu, perché i tuoi simili trasferite le mie parole nelle vostre carte, e giudicate cosa
degna di lunga memoria. Non desidero un applauso illetterato.
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