Talibus orantem dictis arasque tenentem
audiit Omnipotens, oculosque ad moenia torsit
regia et oblitos famae
melioris amantis.
tum sic Mercurium adloquitur ac talia mandat:
‘vade age, nate, voca Zephyros et labere pennis
Dardaniumque ducem, Tyria Karthagine qui nunc
exspectat fatisque datas non respicit urbes,
adloquere et celeris
defer mea dicta per auras.
non illum nobis genetrix pulcherrima talem
promisit Graiumque ideo bis vindicat armis;
sed fore qui gravidam imperiis belloque frementem
Italiam regeret, genus alto a sanguine Teucri
proderet, ac totum
sub leges mitteret orbem.
si nulla accendit tantarum gloria rerum
nec super ipse sua molitur laude laborem,
Ascanione pater Romanas invidet arces?
quid struit? aut qua spe inimica in gente moratur
nec prolem Ausoniam et
Lavinia respicit arva?
naviget. haec summa est, hic nostri nuntius esto.’
Dixerat. ille patris magni parere parabat
imperio; et primum pedibus talaria nectit
aurea, quae sublimem alis sive aequora supra
seu terram rapido pariter
cum flamine portant.
tum virgam capit: hac animas ille evocat Orco
pallentis, alias sub Tartara tristia mittit,
dat
somnos adimitque, et lumina morte resignat.
illa fretus agit ventos et turbida tranat
nubila. iamque volans apicem et
latera ardua cernit
Atlantis duri caelum qui vertice fulcit,
Atlantis, cinctum adsidue cui nubibus atris
piniferum
caput et vento pulsatur et imbri,
nix umeros infusa tegit, tum flumina mento
praecipitant senis, et glacie riget
horrida barba.
hic primum paribus nitens Cyllenius alis
constitit; hinc toto praeceps se corpore ad undas
misit avi
similis, quae circum litora, circum
piscosos scopulos humilis volat aequora iuxta.
haud aliter terras inter caelumque
volabat
litus harenosum ad Libyae, ventosque secabat
materno veniens ab avo Cyllenia proles.
ut primum alatis
tetigit magalia plantis,
Aenean fundantem arces ac tecta novantem
conspicit. atque illi stellatus iaspide fulva
ensis erat Tyrioque ardebat murice laena
demissa ex umeris, dives quae munera Dido
fecerat, et tenui telas
discreverat auro.
continuo invadit: ‘tu nunc Karthaginis altae
fundamenta locas pulchramque uxorius urbem
exstruis? heu, regni rerumque oblite tuarum.
ipse deum tibi me claro demittit Olympo
regnator, caelum et terras qui
numine torquet,
ipse haec ferre iubet celeris mandata per auras:
quid struis? aut qua spe Libycis teris otia terris?
si te nulla movet tantarum gloria rerum
[nec super ipse tua moliris laude laborem,]
Ascanium surgentem et spes
heredis Iuli
respice, cui regnum Italiae Romanaque tellus
debetur.’ tali Cyllenius ore locutus
mortalis visus
medio sermone reliquit
et procul in tenuem ex oculis evanuit auram.
At vero Aeneas aspectu obmutuit amens,
arrectaeque horrore comae et vox faucibus haesit.
ardet abire fuga dulcisque relinquere terras,
attonitus tanto
monitu imperioque deorum.
heu quid agat? quo nunc reginam ambire furentem
audeat adfatu? quae prima exordia sumat?
atque animum nunc huc celerem nunc dividit illuc
in partisque rapit varias perque omnia versat.
haec alternanti
potior sententia visa est:
Mnesthea Sergestumque vocat fortemque Serestum,
classem aptent taciti sociosque ad litora
cogant,
arma parent et quae rebus sit causa novandis
dissimulent; sese interea, quando optima Dido
nesciat et
tantos rumpi non speret amores,
temptaturum aditus et quae mollissima fandi
tempora, quis rebus dexter modus. ocius
omnes
imperio laeti parent et iussa facessunt.
Versione tradotta
Lo sentì che pregava
con tali parole e tenendo
gli altari lOnnipotente, storse gli occhi alle mura regali ì
ed agli amanti
dimentichi di fama migliore.
Allora così parla a Mercurio e questo gli affida:
Su, va, figlio, chiama gli Zefiri e
scendi a volo
e parla al capo Dardanio, che ora aspetta nella Tiria
Cartagine e non guarda alle città concesse dai
fati
e riferisci veloce le mie parole nel cielo.
Non ce lo promise tale la bellissima madre
e lo protegge perciò due
volte dallarmi dei Grai;
ma che guidasse lItalia gravida di potenze e fremente
di guerra, che propagasse la stirpe
dal grande sangue
di Teucro e mettesse sotto leggi il mondo intero.
Se nessuna gloria di grandi imprese lo accende
né
lui si smuove allimpegno per il suo onore,
come padre invidia forse ad Ascanio le rocche romane?
Che combina? O con
quale mira si ferma tra gente nemica
e non guarda alla prole Ausonia ed ai campi di Lavinio?
Navighi! Questa è la
conclusione, questo sia il nostro avviso.
Aveva sentenziato. Egli si preparava ad ubbidire allordine
del gran padre; e
prima si allaccia i calzari doro ai piedi,
che lo portano altissimo con le ali sia sopra le acque ì
e la terra
ugualmente con veloce soffio.
Allora prende la verga: con questa egli richiama le anime
pallide dallOrco, altre le invia
sotto i tristi Tartari,
dà i sonni e li toglie, e libera gli occhi dalla morte.
Munendosi di essa spinge i venti e
trapassa le torbide
nuvole. Ormai volando vede la vetta ed i fianchi ripidi
del duro Atlante che regge col capo il
cielo,
di Atlante, cui la testa ricca di pini frequentemente
è cinta di nere nubi ed è battuta da vento e da
pioggia,
la neve scesa copre le spalle, poi fiumi precipitano dal mento
del vecchio e lispida barba sirrigidisce pel
ghiaccio.
Qui dapprima il Cillenio splendente si fermò con lali
appaiate; di qui con tutto il corpo si lanciò capofitto
nellonde
simile ad uccello, che attorno alle spiagge, attorno
ai pescosi scogli vola basso vicino alle acque.
Non
diversamente volava tra cielo e terra
verso il lido sabbioso di Libia, e la prole Cillenia
provenendo dallavo materno
tagliava i venti.
Appena con le piante alate toccò i sobborghi,
vede Enea che fonda le rocche e crea nuove case.
ì
Egli aveva pure una spada costellata di rosso
diaspro ed un mantello di porpora Tiria,che scendeva
dalle
spalle, splendeva: questo dono laveva fatto
la ricca Didone e laveva trapuntato la stoffa doro sottile.
Subito l
assale: Tu adesso poni le fondamenta della grande
Cartagine e ligio alla moglie costruisci una bella città.
Ahimè,
dimentico del regno e delle tue imprese.
Lo stesso re degli dei mi invia dallo splendido
Olimpo, lui che con potenza
volge cielo e terra,
lui ordina di recare questi ordini nei cieli veloci:
cosa combini? O con che speranza rovini il
tempo in terre libiche?
Se non ti smuove nessuna fama di tante imprese
né tu affronti limpegno per la tua
gloria,
guarda ad Ascanio che cresce ed alle speranze dellerede
Iulo, cui è dovuto il regno dItalia e la terra
ìì
Romana. Dopo aver parlato con tale espressione il Cillenio
lasciò le sembianze mortali nel mezzo del
discorso
e disparve dagli occhi nellaria leggera.
Ma Enea davvero alla vista ammutolì, fuor di sé,
e le chiome dritte
e la voce s'attaccò alle fauci.
Brucia di andarsene in fuga e lasciare le dolci terre,
attonito per sì grande monito e
ordine degli dei.
Ahi, che fare? Con quale parola osare avvicinare
la regina impazzita? Quali iniziative prender per
prime?
Ed ora divide la mente veloce ora qui ora là
la strappa in vari pezzi e si volge dappertutto.
A lui
altalenante questo parere parve migliore:
chiama Mnesteo e Sergesto ed il forte Seresto,
zitti allestiscano la flotta e
spingano ai lidi i compagni,
preparino armi e dissimulino quale sia la causa
per cambiare i piani; lui intanto, poiché
l'ottima Didone
non sa e non spera che si grandi amori si spezzino,
tenterà le strade ed i momenti più teneri
di
parlare, quale sia il modo adatto alle cose. Subito tutti
lieti obbediscano all'ordine ed eseguono i comandi.
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