At regina, pyra penetrali in sede sub auras
erecta ingenti taedis atque ilice secta,
intenditque locum sertis et fronde coronat
funerea; super exuvias ensemque
relictum
effigiemque toro locat haud ignara futuri.
stant arae circum et crinis effusa sacerdos
ter centum tonat
ore deos, Erebumque Chaosque
tergeminamque Hecaten, tria virginis ora Dianae.
sparserat et latices simulatos fontis
Averni,
falcibus et messae ad lunam quaeruntur aenis
pubentes herbae nigri cum lacte veneni;
quaeritur et nascentis
equi de fronte revulsus
et matri praereptus amor.
ipsa mola manibusque piis altaria iuxta
unum exuta pedem vinclis,
in veste recincta,
testatur moritura deos et conscia fati
sidera; tum, si quod non aequo foedere amantis
curae
numen habet iustumque memorque, precatur.
Versione tradotta
Ma la regina, eretto il grande rogo nella parte
interna
sotto i cieli con rami di pino e leccio tagliato,
riveste il luogo di ghirlande e l'incorona di
fronda
funerea; pone sul letto le spoglie e la spada lasciata
l'effigie non ignara del futuro.
Gli altari stanno
attorno e la sacerdotessa, sciolta i capelli,
trecento volte grida gli dei, Erebo e Caos
e la triplice Ecate, i tre volti
della vergine Diana.
Aveva pure sparso le acque simulate della fonte d'Averno,
si cercano erbe rigonfie con latte di
nero veleno
mietute sotto la luna con falci di bronzo ;
si cerca anche l'amore strappato dalla fronte d'un
cavallo
nascente rubato alla madre.
Lei stessa con farina e mani pie presso gli altari,
toltasi un piede dai calzari
in veste discinta,
destinata a morire invoca gli dei e le stelle consce
del fato; poi se c'è una qualche potenza,
giusta e benevola,
ha a cuore gli amanti con sorte ingiusta, la prega.
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