Epistualae Morales ad Lucilium: versione tradotta Lettera 49
[1] Est quidem, mi Lucili,
supinus et neglegens qui in amici memoriam ab aliqua regione admonitus reducitur; tamen repositum in animo nostro desiderium
loca interdum familiaria evocant, nec exstinctam memoriam reddunt sed quiescentem irritant, sicut dolorem lugentium, etiam si
mitigatus est tempore, aut servulus familiaris amisso aut vestis aut domus renovat. Ecce Campania et maxime Neapolis ac
Pompeiorum tuorum conspectus incredibile est quam recens desiderium tui fecerint: totus mihi in oculis es. Cum maxime a te
discedo; video lacrimas combibentem et affectibus tuis inter ipsam coercitionem exeuntibus non satis resistentem.
[2]
Modo amisisse te videor; quid enim non ‘modo’ est, si recorderis? Modo apud Sotionem philosophum puer sedi, modo causas
agere coepi, modo desii velle agere, modo desii posse. Infinita est velocitas temporis, quae magis apparet respicientibus. Nam
ad praesentia intentos fallit; adeo praecipitis fugae transitus lenis est. [3] Causam huius rei quaeris? quidquid temporis
transit eodem loco est; pariter aspicitur, una iacet; omnia in idem profundum cadunt. Et alioqui non possunt longa intervalla
esse in ea re quae tota brevis est. Punctum est quod vivimus et adhuc puncto minus; sed et hoc minimum specie quadam longioris
spatii natura derisit: aliud ex hoc infantiam fecit, aliud pueritiam, aliud adulescentiam, aliud inclinationem quandam ab
adulescentia ad senectutem, aliud ipsam senectutem. In quam angusto quodam quot gradus posuit! [4] Modo te prosecutus sum; et
tamen hoc ‘modo’ aetatis nostrae bona portio est, cuius brevitatem aliquando defecturam cogitemus. Non solebat mihi tam
velox tempus videri: nunc incredibilis cursus apparet, sive quia admoveri lineas sentio, sive quia attendere coepi et computare
damnum meum.
Eo magis itaque indignor aliquos ex hoc tempore quod sufficere ne ad necessaria quidem potest, [5] etiam
si custoditum diligentissime fuerit, in supervacua maiorem partem erogare. Negat Cicero, si duplicetur sibi aetas, habiturum se
tempus quo legat lyricos: eodem loco dialecticos: tristius inepti sunt. Illi ex professo lasciviunt, hi agere ipsos
aliquid existimant. [6] Nec ego nego prospicienda ista, sed prospicienda tantum et a limine salutanda, in hoc unum, ne verba
nobis dentur et aliquid esse in illis magni ac secreti boni iudicemus. Quid te torques et maceras in ea quaestione quam
subtilius est contempsisse quam solvere? Securi est et ex commodo migrantis minuta conquirere: cum hostis instat a tergo et
movere se iussus est miles, necessitas excutit quidquid pax otiosa collegerat. [7] Non vacat mihi verba dubie cadentia
consectari et vafritiam in illis meam experiri.
Aspice qui coeant populi, quae moenia clusis
ferrum acuant portis.
Magno mihi animo strepitus iste belli circumsonantis exaudiendus est. [8] Demens omnibus merito viderer, si cum saxa in
munimentum murorum senes feminaeque congererent, cum iuventus intra portas armata signum eruptionis exspectaret aut posceret,
cum hostilia in portis tela vibrarent et ipsum solum suffossionibus et cuniculis tremeret, sederem otiosus et eiusmodi
quaestiunculas ponens: ‘quod non perdidisti habes; cornua autem non perdidisti; cornua ergo habes’ aliaque ad exemplum
huius acutae delirationis concinnata. [9] Atqui aeque licet tibi demens videar si istis impendero operam: et nunc obsideor.
Tunc tamen periculum mihi obsesso externum immineret, murus me ab hoste secerneret: nunc mortifera mecum sunt. Non vaco ad
istas ineptias; ingens negotium in manibus est. Quid agam? mors me sequitur, fugit vita. [10] Adversus haec me doce aliquid;
effice ut ego mortem non fugiam, vita me non effugiat. Exhortare adversus difficilia, [de aequanimitate] adversus inevitabilia;
angustias temporis mei laxa. Doce non esse positum bonum vitae in spatio eius sed in usu posse fieri, immo saepissime fieri, ut
qui diu vixit parum vixerit. Dic mihi dormituro ‘potes non expergisci’; dic experrecto ‘potes non dormire amplius’.
Dic exeunti ‘potes non reverti’; dic redeunti ‘potes non exire’. [11] Erras si in navigatione tantum existimas
minimum esse quo morte vita diducitur: in omni loco aeque tenue intervallum est. Non ubique se mors tam prope ostendit:
ubique tam prope est. Has tenebras discute, et facilius ea trades ad quae praeparatus sum. Dociles natura nos edidit, et
rationem dedit imperfectam, sed quae perfici posset. [12] De iustitia mihi, de pietate disputa, de frugalitate, de pudicitia
utraque, et illa cui alieni corporis abstinentia est, et hac cui sui cura. Si me nolueris per devia ducere, facilius ad id quo
tendo perveniam; nam, ut ait ille tragicus, ‘veritatis simplex oratio est’, ideoque illam implicari non oportet; nec enim
quicquam minus convenit quam subdola ista calliditas animis magna conantibus. Vale.
Versione tradotta
1 Mio caro, è davvero una persona apatica e trascurata
chi si ricorda di un amico quando glielo richiama alla mente la vista di un qualche luogo; certe volte, però posti familiari
evocano in noi una nostalgia che era latente dentro di noi; non è che riaccendano un ricordo ormai spento, ma lo scuotono dal
torpore; allo stesso modo che uno schiavo caro alla persona scomparsa, o un suo vestito, o la casa, riacutizzano il dolore di
chi piange, anche se ormai è stato mitigato dal tempo. Ecco, è incredibile come la Campania, e soprattutto Napoli, e la vista
della tua Pompei abbiano reso cocente la nostalgia di te: ti ho tutto davanti agli occhi. È il momento del distacco: ti vedo
mentre inghiotti le lacrime e non riesci a resistere al dirompere dell'affetto nonostante cerchi di frenarti.
2 Mi
sembra di averti lasciato poco fa; che cosa non è accaduto "poco fa" se lo si rivive nella memoria? Poco fa sedevo fanciullo
alla scuola del filosofo Sozione, poco fa cominciavo a discutere le cause, poco fa decidevo di non discuterle più, poco fa
cominciavo a non poterlo più fare. Il tempo scorre velocissimo e ce ne accorgiamo soprattutto quando guardiamo indietro: mentre
siamo intenti al presente, passa inosservato, tanto vola via leggero nella sua fuga precipitosa. 3 Ne chiedi il motivo? Tutto
il tempo trascorso si trova in uno stesso luogo; lo vediamo simultaneamente, sta tutto insieme; ogni cosa precipita nello
stesso baratro. E, del resto, non possono esserci lunghi intervalli in una cosa che nel complesso è breve. La nostra vita è un
attimo, anzi, meno di un attimo; ma la natura ci ha schernito dando un'apparenza di durata a questo spazio di tempo minimo:
di una parte ne ha fatto l'infanzia, di un'altra la fanciullezza, poi l'adolescenza, il declino dall'adolescenza
alla vecchiaia e la vecchiaia stessa. Quanti gradini ha collocato in una scala così corta! 4 Poco fa ti ho salutato; e
tuttavia questo "poco fa" è una buona parte della nostra esistenza, e la sua breve durata, pensiamoci, un giorno finirà. Non mi
sembrava in passato che il tempo scorresse tanto veloce; ora la sua celerità mi appare incredibile, sia perché sento che si
avvicina la meta, sia perché ho cominciato a osservare e a fare il conto delle mie perdite.
5 Perciò mi sdegno tanto più
con coloro che spendono in occupazioni inutili la maggior parte di questo tempo insufficiente già per le attività necessarie,
anche se vi si bada con la massima cura. Cicerone afferma che se pure gli venisse raddoppiata la vita, non avrebbe il tempo di
leggere i lirici; nello stesso conto tengo i dialettici: ma essi sono più tristemente inutili. Quelli vaneggiano e lo
riconoscono, questi ritengono di fare qualcosa di buono. 6 Non dico che non si debba dare un'occhiata a queste futilità, ma
solo un'occhiata e un saluto dalla soglia, badando che non ci raggirino e ci facciano credere che in esse ci sia un grande
bene nascosto. Perché ti tormenti e ti maceri su un problema che è cosa più intelligente disprezzare che risolvere? Se uno si
sposta tranquillo e con tutta calma, può anche raccogliere le cose di poco conto: ma quando il nemico incalza alle spalle e il
soldato ha ricevuto l'ordine di muoversi, bisogna gettar via quanto si è accumulato nella quiete della pace. 7 Non ho tempo
di seguire le loro frasi ambigue e di mettervi alla prova il mio acume.
Guarda quali popoli si radunano, quali città,
chiuse le porte, affilano le armi.
Devo ascoltare con grande coraggio questo strepito di guerra che risuona intorno a
me. 8 Giustamente sembrerei a tutti un pazzo se, mentre le donne e i vecchi ammassano pietre per fortificare le mura, mentre i
giovani in armi aspettano o chiedono vicino alle porte il segnale della sortita, mentre i giavellotti nemici vibrano
conficcandosi nelle porte e il suolo stesso trema per le trincee e le gallerie, sedessi in ozio ponendomi sciocche questioni di
questo tipo: "Hai quello che non hai perduto; non hai perduto le corna, quindi hai le corna" e altre, formate sull'esempio
di questo acuto delirio. 9 Ebbene, ugualmente potrei sembrarti un pazzo se adesso impiegassi le mie energie in codeste
questioni: anche ora sono assediato. Tuttavia nell'assedio di una città mi sovrasterebbe un pericolo esterno, un muro mi
separerebbe dal nemico: ora, invece, i pericoli mortali sono dentro di me. Non ho tempo per queste sciocchezze; ho tra le mani
una faccenda importante. Che devo fare? La morte mi incalza, la vita fugge. 10 Insegnami come affrontare questa situazione;
fa' che io non fugga la morte, che la vita non fugga me. Incoraggiami contro le difficoltà, contro i mali inevitabili;
prolunga il poco tempo che ho. Insegnami che il valore della vita non consiste nella sua durata, ma nell'uso che se ne fa;
che può accadere, anzi accade spessissimo, che chi è vissuto a lungo è vissuto poco. Dimmi, quando sto per addormentarmi:
"Potresti non svegliarti più"; e quando mi sono svegliato: "Potresti non addormentarti più". Dimmi quando esco: "Può accadere
che tu non torni"; e quando ritorno: "Può accadere che tu non esca più." 11 Sbagli a ritenere che soltanto in mare è minima la
distanza che separa la vita dalla morte: è ugualmente breve in ogni posto. La morte non si mostra dovunque tanto vicina: ma
dovunque è tanto vicina. Dissipa queste tenebre e più facilmente mi darai quegli insegnamenti cui sono preparato. La natura ci
ha creato duttili e ci ha dato una ragione imperfetta, ma suscettibile di perfezionamento. 12 Discuti con me della giustizia,
della pietà, della sobrietà, delle due forme di pudore, sia di quello che non viola il corpo altrui, sia di quello che ha
riguardo del proprio corpo. Se non mi condurrai fuori strada arriverò più facilmente alla meta cui tendo; come dice quel famoso
tragediografo: "La verità si esprime con parole semplici"; perciò non bisogna ingarbugliarla; a un animo che abbia grandi
aspirazioni niente si addice meno di questa subdola acutezza di ingegno. Stammi bene.
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