Arpinius et Iunius, quae audierant, ad legatos deferunt. Illi repentina re perturbati, etsi ab hoste ea dicebantur, tamen non neglegenda existimabant maximeque hac re permovebantur, quod civitatem ignobilem atque humilem Eburonum sua sponte populo Romano bellum facere ausam vix erat credendum. Itaque ad consilium rem deferunt magnaque inter eos existit controversia. L. Aurunculeius compluresque tribuni militum et primorum ordinum centuriones nihil temere agendum neque ex hibernis iniussu Caesaris discedendum existimabant; quantasvis, magnas etiam copias Germanorum sustineri posse munitis hibernis docebant; rem esse testimonio, quod primum hostium impetum multis ultro vulneribus inlatis fortissime sustinuerint; re frumentaria non premi; interea et ex proximis hibernis et a Caesare conventura subsidia; postremo quid esset levius aut turpius quam auctore hoste de summis rebus capere consilium?
Versione tradotta
Arpinio e Giunio, riferiscono ai legati, quello che avevano
udito.
Essi turbati dal fatto improvviso, anche se quelle cose erano dette da un nemico, pensavano tuttavia che non si dovessero trascurare e soprattutto erano scossi da questa cosa, che a stento si doveva credere che la nazione sconosciuta e povera degli Eburoni avesse osato fare guerra al popolo romano di sua iniziativa.
Così riferiscono la cosa al consiglio e nasce tra esse una grande controversia.
L. Auruncukeio e parecchi tribuni dei soldati ed i centurioni dei primi ordini giudicavano che non si doveva far nulla alla leggera e non si doveva partire dagli accampamenti invernali senza l’ordine di Cesare;
sostenevano che con gli accampamenti invernali fortificati si potevano sostenere quante si voglia, anche grandi truppe di Germani, un fatto era a testimonianza, che avevano sostenuto il primo attacco dei nemici molto valorosamente, pur avendo inferte per giunta molte perdite; non erano preoccupati per il vettovagliamento; intanto stavano per arrivare rinforzi dagli accampamenti invernali vicini e da Cesare; infine cosa c’era di più sciocco o più brutto che prendere decisione su affari importantissimi su iniziativa del nemico?
- Letteratura Latina
- Libro 5
- Cesare
- De Bello Gallico