Mittuntur ad Caesarem confestim a Cicerone litterae, magnis propositis praemiis, si pertulissent; obsessis omnibus viis missi intercipiuntur. Noctu ex ea materia quam munitionis causa comportaverant, turres admodum centum viginti excitantur incredibili celeritate; quae deesse operi videbantur, perficiuntur. Hostes postero die multo maioribus coactis copiis castra oppugnant, fossam complent. A nostris eadem ratione qua pridie, resistitur. Hoc idem reliquis deinceps fit diebus. Nulla pars nocturni temporis ad laborem intermittitur; non aegris, non vulneratis facultas quietis datur. Quaecumque ad proximi diei oppugnationem opus sunt, noctu comparantur; multae praeustae sudes, magnus muralium pilorum numerus instituitur; turres contabulantur, pinnae loricaeque ex cratibus attexuntur. Ipse Cicero, cum tenuissima valetudine esset, ne nocturnum quidem sibi tempus ad quietem relinquebat, ut ultro militum concursu ac vocibus sibi parcere cogeretur
Versione tradotta
Vengono inviate subito a Cesare lettere da parte di Cicerone, offerti grandi premi, se le avessero portate; bloccate tutte le vie, i messaggeri sono intercettati.
Di notte con quel materiale che avevano portato per la fortificazione, vengono alzate addirittura cento venti torri; con incredibile velocità; le cose che sembravano mancare alla fortificazione, sono completate.
I nemici il giorno dopo radunate truppe molto maggiori assediano gli accampamenti, riempiono il fossato.
Da parte dei nostri si resiste con la stessa tattica del giorno prima.
Questa stessa cosa si fa poi negli altri giorni.
Nessuna parte del periodo notturno è sospeso per il lavoro;
non è data possibilità di riposo né a malati, né a feriti.
Qualsiasi cosa sia necessaria all’assedio del giorno successivo, è preparata di notte; molti pali con punte bruciate, si prepara un gran numero di giavellotti murali;
le torri sono coperte di tavolati, merli e parapetti si intrecciano di graticci.
Lo stesso Cicerone, essendo di debolissima salute, neppure si lasciava per il riposo il tempo di notte, cosicché era costretto dalla spontanea folla e frasi dei soldati a salvaguardarsi.
- Letteratura Latina
- Libro 5
- Cesare
- De Bello Gallico