Ubi intellexit ultro ad se veniri, altera ex parte Senones Carnutesque conscientia facinoris instigari, altera Nervios Atuatucosque bellum Romanis parare, neque sibi voluntariorum copias defore, si ex finibus suis progredi coepisset, armatum concilium indicit. Hoc more Gallorum est initium belli. Quo lege communi omnes puberes armati convenire coguntur; qui ex iis novissimus convenit, in conspectu multitudinis omnibus cruciatibus adfectus necatur. In eo concilio Cingetorigem, alterius principem factionis, generum suum, quem supra demonstravimus Caesaris secutum fidem ab eo non discessisse, hostem iudicat bonaque eius publicat. His rebus confectis in concilio pronuntiat arcessitum se ab Senonibus et Carnutibus aliisque compluribus Galliae civitatibus; huc iturum per fines Remorum eorumque agros populaturum ac, priusquam id faciat, castra Labieni oppugnaturum; quae fieri velit, praecipit.
Versione tradotta
Quando capì che si veniva spontaneamente da lui, che da una parte Senoni e Carnuti erano istigati dalla consapevolezza del misfatto, che dall’altra Nervi ed Atuatuci preparavano la Guerra ai Romani, che a lui non sarebbero mancati truppe di volontari, se avesse cominciato ad avanzare dai suoi territori, indice un concilio armato. Con tale usanza c’è l’inizio di guerra dei Galli.
Da questa legge comune sono obbligati a riunirsi armati tutti i maggiorenni; chi arriva tra gli ultimi, al cospetto della moltitudine, colpito da torture è ucciso.
In quel concilio Cingetorige, capo dell’altra fazione, suo genero, che dicemmo prima seguendo la protezione di Cesare non s’era allontanato da lui, lo giudica come nemico e ne confisca
i beni.
Concluse queste cose nel concilio dichiara di esser stato chiamato da Senoni e Carnuti e da parecchie altre nazioni della Gallia; sarebbe giunto qui attraverso i territori dei Remi ed avrebbe saccheggiato i loro campi, e prima di fare ciò, avrebbe espugnato gli accampamenti di Labieno; ordina quel che vuole si faccia.
- De Bello Gallico
- Libro 5
- Cesare
- De Bello Gallico