De Bello Gallico, Libro 5 - Prologo - Studentville

De Bello Gallico, Libro 5 - Prologo

Aesopi nomen sicubi interposuero cui reddidi iam pridem quicquid debui auctoritatis esse scito gratia; ut quidam artifices nostro faciunt saeculo qui pretium operibus maius inveniunt novis si marmori adscripserunt Praxitelen suo trito Myronem argento tabulae Zeuxidem. Adeo fucatae plus vetustati favet invidia mordax quam bonis praesentibus. Sed iam ad fabellam talis exempli feror.

Versione tradotta

Se talora avrò interposto il nome di Esopo, cui attribuii fin da prima ciò che dovetti, sappi che è per l’autorevolezza; come alcuni artisti fanno nella nostra epoca, che trovano un prezzo maggiore alle opere nuove se al loro marmo vi iscrissero Prassitele, all’argento usato Mirone, al quadro Zeusi. A tal punto la mordace invidia favorisce più la tinta antichità che i beni presenti. Ma ormai sono portato alla favola di tale esempio.

  • Letteratura Latina
  • Libro 5
  • Cesare
  • De Bello Gallico

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