Protinus Aeneas celeri certare sagitta
invitat qui forte
velint et praemia dicit,
ingentique manu malum de nave Seresti
erigit et volucrem traiecto in fune columbam,
quo
tendant ferrum, malo suspendit ab alto.
convenere viri deiectamque aerea sortem
accepit galea, et primus clamore
secundo
Hyrtacidae ante omnis exit locus Hippocoontis;
quem modo navali Mnestheus certamine victor
consequitur,
viridi Mnestheus evinctus oliva.
tertius Eurytion, tuus, o clarissime, frater,
Pandare, qui quondam iussus confundere
foedus
in medios telum torsisti primus Achivos.
extremus galeaque ima subsedit Acestes,
ausus et ipse manu iuvenum
temptare laborem.
tum validis flexos incurvant viribus arcus
pro se quisque viri et depromunt tela pharetris,
primaque per caelum nervo stridente sagitta
Hyrtacidae iuvenis volucris diverberat auras,
et venit adversique
infigitur arbore mali.
intremuit malus micuitque exterrita pennis
ales, et ingenti sonuerunt omnia plausu.
post
acer Mnestheus adducto constitit arcu
alta petens, pariterque oculos telumque tetendit.
ast ipsam miserandus avem
contingere ferro
non valuit; nodos et vincula linea rupit
quis innexa pedem malo pendebat ab alto;
illa Notos atque
atra volans in nubila fugit.
tum rapidus, iamdudum arcu contenta parato
tela tenens, fratrem Eurytion in vota vocavit,
iam vacuo laetam caelo speculatus et alis
plaudentem nigra figit sub nube columbam.
decidit exanimis vitamque
reliquit in astris
aetheriis fixamque refert delapsa sagittam.
Amissa solus palma superabat Acestes,
qui tamen
aerias telum contendit in auras
ostentans artemque pater arcumque sonantem.
hic oculis subitum obicitur magnoque
futurum
augurio monstrum; docuit post exitus ingens
seraque terrifici cecinerunt omina vates.
namque volans
liquidis in nubibus arsit harundo
signavitque viam flammis tenuisque recessit
consumpta in ventos, caelo ceu saepe
refixa
transcurrunt crinemque volantia sidera ducunt.
attonitis haesere animis superosque precati
Trinacrii
Teucrique viri, nec maximus omen
abnuit Aeneas, sed laetum amplexus Acesten
muneribus cumulat magnis ac talia fatur:
‘sume, pater, nam te voluit rex magnus Olympi
talibus auspiciis exsortem ducere honores.
ipsius Anchisae
longaevi hoc munus habebis,
cratera impressum signis, quem Thracius olim
Anchisae genitori in magno munere Cisseus
ferre sui dederat monimentum et pignus amoris.’
sic fatus cingit viridanti tempora lauro
et primum ante omnis
victorem appellat Acesten.
nec bonus Eurytion praelato invidit honori,
quamvis solus avem caelo deiecit ab alto.
proximus ingreditur donis qui vincula rupit,
extremus volucri qui fixit harundine malum.
Versione tradotta
Subito Enea invita a
gareggiare con la freccia veloce quelli
che eventualmente vogliano e proclama i premi,
con mano potente innalza
l'albero dalla nave
di Seresto e sospende sull'alto dell'albero perforato
ad una fune un'alata colomba, cui
tirare col ferro.
Vennero gli uomini ed un elmo di bronzo accolse
la sorte gettata, e per primo esce con grido
concorde
prima di tutti il turno dell'Irtacide Ippocoonte;
e lo segue poi Mnesteo, vincitore nella gara
navale,
Mnesteo cinto di verde oliva.
Terzo Eurizione, o nibilissimo Pandaro, tuo
fratello, che una volta istigato ad infrangere
un patto
per primo lanciasti un'arma in mezzo agli Achei.
Ultimo restò Aceste in fondo all'elmo,
osando anche
lui tentare con la mano un impegno di giovani.
Allora con grandi forze gli uomini, ognuno per sé, curvano
i
flessibili archi e estraggono le frecce dalle faretre,
per prima la freccia del giovane Irtacide straccia le arie
veloci
nel cielo, stridendo il nervo,
giunse e si conficca sul palo dell'albero davanti.
L'albero tremò e il volatile
vibrò con le penne, atterrito,
e tutto risuonò d'un immenso applauso.
Poi il fiero Mnesteo, accostato l'arco,
guardando
in alto tese insieme gli occhi e la freccia .
ma sfortunato non poté toccare col ferro
lo stesso uccello;
ruppe i nodi e le corde di lino,
con cui, legata per il piede, pendeva dall'alto albero;
ella fugge volando tra i Noti
e le nere nubi.
Allora rapido, già tenendo le frecce tese con l'arco
preparato, Eurizione invocò con preghiere il
fratello,
osservando ormai nel vuoto cielo la colomba che con le ali
volava, la trafigge sotto una nera nube.
Cadde
esanime e lasciò la vita tra gli astri celesti
e cadendo riporta la freccia conficcata.
Persa la palma, restava il
solo Aceste,
che tuttavia tese l'arma nelle aure celeste
mostrando, come padre, l'arte e l'arco
risonante.
Qui apparve improvviso agli occhi un prodigio destinato
a grande augurio; in seguito il grande esito
insegnò
ed i terrorizzanti vati predissero tardi responsi.
Infatti volando il legno si incendiò tra le limpide
nubi
segnò la via con le fiamme e sottile svanì
consunta tra i venti, come spesso staccate dal cielo
le stelle volando
passano e lasciano una chioma.
Gli uomini Trinacrii ed i Teucri si bloccarono
con le menti sospese pregando i celesti, e
il grandissimo Enea
non disconobbe il presagio, ma abbracciando Aceste contento
lo riempie di grandi doni e così
parla:
"Prendi, padre:il gran re dell'Olimpo volle infatti che tu
sorteggiato per tali auspici ritirassi i
premi.
Avrai questo dono dello stesso anziano Anchise,
una coppa scolpita di immagini, che un tempo il Tracio
Cisseo
aveva dato al padre Anchise da tenere
in gran dono come ricordo di sé e pegno d'amore".
Così espressosi cinge le
tempia di verdeggiante alloro
e davanti a tutti dichiara vincitore assoluto Aceste.
Né il buon Eurizione invidiò
l'onore tolto,
anche se lui solo atterrò dall'alto cielo l'uccello.
Vicino giunge per i premi chi ruppe le
corde,
ultimo chi trafisse col legno alato l'albero.
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