Eneide, Libro 5, traduzione vv. 779-834 - Studentville

Eneide, Libro 5, traduzione vv. 779-834

At Venus interea

Neptunum exercita curis
adloquitur talisque effundit pectore questus:
‘Iunonis gravis ira neque exsaturabile

pectus
cogunt me, Neptune, preces descendere in omnis;
quam nec longa dies pietas nec mitigat ulla,
nec Iovis

imperio fatisque infracta quiescit.
non media de gente Phrygum exedisse nefandis
urbem odiis satis est nec poenam

traxe per omnem
reliquias Troiae: cineres atque ossa peremptae
insequitur. causas tanti sciat illa furoris.
ipse

mihi nuper Libycis tu testis in undis
quam molem subito excierit: maria omnia caelo
miscuit Aeoliis nequiquam freta

procellis,
in regnis hoc ausa tuis.
per scelus ecce etiam Troianis matribus actis
exussit foede puppis et classe

subegit
amissa socios ignotae linquere terrae.
quod superest, oro, liceat dare tuta per undas
vela tibi, liceat

Laurentem attingere Thybrim,
si concessa peto, si dant ea moenia Parcae.’
tum Saturnius haec domitor maris edidit

alti:
‘fas omne est, Cytherea, meis te fidere regnis,
unde genus ducis. merui quoque; saepe furores
compressi

et rabiem tantam caelique marisque.
nec minor in terris, Xanthum Simoentaque testor,
Aeneae mihi cura tui. cum Troia

Achilles
exanimata sequens impingeret agmina muris,
milia multa daret leto, gemerentque repleti
amnes nec reperire

viam atque evolvere posset
in mare se Xanthus, Pelidae tunc ego forti
congressum Aenean nec dis nec viribus aequis

nube cava rapui, cuperem cum vertere ab imo
structa meis manibus periurae moenia Troiae.
nunc quoque mens eadem

perstat mihi; pelle timores.
tutus, quos optas, portus accedet Averni.
unus erit tantum amissum quem gurgite quaeres;

unum pro multis dabitur caput.’
his ubi laeta deae permulsit pectora dictis,
iungit equos auro genitor,

spumantiaque addit
frena feris manibusque omnis effundit habenas.
caeruleo per summa levis volat aequora curru;

subsidunt undae tumidumque sub axe tonanti
sternitur aequor aquis, fugiunt vasto aethere nimbi.
tum variae

comitum facies, immania cete,
et senior Glauci chorus Inousque Palaemon
Tritonesque citi Phorcique exercitus omnis;

laeva tenet Thetis et Melite Panopeaque virgo,
Nisaee Spioque Thaliaque Cymodoceque.
Hic patris Aeneae suspensam

blanda vicissim
gaudia pertemptant mentem; iubet ocius omnis
attolli malos, intendi bracchia velis.
una omnes

fecere pedem pariterque sinistros,
nunc dextros solvere sinus; una ardua torquent
cornua detorquentque; ferunt sua

flamina classem.
princeps ante omnis densum Palinurus agebat
agmen; ad hunc alii cursum contendere iussi.

Versione tradotta

Ma Venere intanto colpita dagli affanni parla
a Nettuno e riversa dal cuore tali

lamenti:
"L'ira pesante di Giunone ed il cuore insaziabile
mi costringono, Nettuno, a scendere a tutte le

preghiere;
ma né il lungo tempo né alcuna pietà la mitiga,
né calmata dal comando di Giove e dai fati si quieta.
Non

è sufficiente aver annientato dal centro del popolo dei Frigi
una città con odi indicibili né d'aver tratto per ogni pena

I resti di Troia: perseguita le ceneri e le ossa della (città)
stramorta. Sappia lei le cause di tanto furore.
Tu

stesso mi (se) testimone, quale mole improvvisamente
abbia suscitato nelle onde poco fa: ha mischiato tutti
i mari col

cielo, confidando invano nelle tempeste Eolie,
osando questo nei suoi regni.
Ecco, spinte al delitto le madri

Troiane,
brutalmente incendiò le poppe e, persa la flotta,
costrinse a lasciare compagni a terra ignota.
Per il resto,

prego, ti piaccia dare sull'onde vele
sicure, piaccia toccare il Tevere Laurente,
se chiesto cose permesse, se le

Parche danno quelle mura".
Allora il saturnio domatore dell'alto mare disse queste cose:
" E' tutto giusto che tu,

Citerea, confidi nei miei regni,
da cui trai origine. Lo meritai anche; spesso compressi
i furori e tanta rabbia di

cielo e mare.
Né sulle terre, chiamo a testimonio Xanto e Simoenta,
(ebbi) minore cura del tuo Enea. Quando Achille

spingeva
alle mura inseguendole le stremate schiere troiane,
quando dava molte migliaia alla morte, i torrenti

gemevano
pieni né Xanto poteva trovare la via al mare
e scorrere, allora io rapii in una nube cava Enea
scontratosi

col forte Pelide, senza dei e forze pari,
mentre desideravo sradicare dal profondo
le mura costruite con le mie mani di

Troia spergiura.
Anche adesso per lui mi resta lo stesso sentimento; caccia le paure.
Sicuro raggiungerà i porti

dell'Averno, che tu desideri.
Sarà uno soltanto che tu cercherai perduto nel gorgo;
sarà data una sola testa in cambio

di molte2.
Come addolcì con tali detti i lieti cuori della dea,
il padre con l'oro unisce i cavalli ad essi selvaggi

mette
i freni schiumanti e con le mani allenta tutte le briglie.
Con l'azzurro carro vola leggero sulla sommità delle

acque;
s'abbassano le onde ed il mare gonfio d'acque si distende
sotto l'asse tuonante, i nembi fuggono

nel vasto etere.
Allora le varie forme di compagni, i giganteschi cetacei,
Il vecchio coro di Glauco, Palemone di

Ino
i Tritoni veloci e tutto l'esercito di Forco;
Teti tiene la sinistra, Melite, la vergine panopea,
Nisea e

Spio, Talia e Cimodoce.
Allora le blande gioie penetrano a loro volta la mente
sospesa del padre Enea; ordina ben presto

si alzino
tutti gli alberi, si mettano le braccia alle vele.
Insieme tutti puntarono il piede e parimenti sciolsero
i

sinistri ed ora i veli destri, insieme girano gli alti
pennoni e li rigirano; i propizi soffi portano la flotta.
Davanti

a tutti Palinuro per primo guidava la fitta
schiera; gli altri sono obbligati ad andare su tale rotta.

  • Letteratura Latina
  • Libro 5
  • Virgilio

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti