Agri culturae non student, maiorque pars eorum victus in lacte, caseo, carne consistit. Neque quisquam agri modum certum aut fines habet proprios, sed magistratus ac principes in annos singulos gentibus cognationibusque hominum quique una coierunt, quantum et quo loco visum est agri adtribuunt atque anno post alio transire cogunt. Eius rei multas adferunt causas: ne adsidua consuetudine capti studium belli gerendi agri cultura commutent; ne latos fines parare studeant potentioresque humiliores possessionibus expellant; ne accuratius ad frigora atque aestus vitandos aedificent; ne qua oriatur pecuniae cupiditas, qua ex re factiones dissensionesque nascuntur; ut animi aequitate plebem contineant, cum suas quisque opes cum potentissimis aequari videat.
Versione tradotta
Non praticano l’agricoltura, e la maggior parte del loro vitto consiste in latte, formaggio, carne. Nessuno ha una misura precisa di terreno o territori propri, ma i magistrati ed i capi per i singoli anni attribuiscono alle famiglie ed alle parentele di persone e quelli che si sono messi insieme, quanto di terreno e in che luogo sia parso (opportuno) e dopo un anno li obbligano a passare altrove. Di tale cosa portano molti motivi: perché presi da continua abitudine non mutino la voglia di far guerra con l’agricoltura; perché non vogliano procurare territori vasti e (uomini) più potenti caccino dai possedimenti (uomini) più umili; perché non costruiscano (abitazioni) troppo accuratamente per evitare i freddi ed i caldi; perché non nasca una bramosia di denaro, dalla qual cosa nascono partiti e divisioni; perché mantengano il popolo con l’eguaglianza dell’animo, vedendo ciascuno che le sue ricchezze si equiparano con i più potenti.
- Letteratura Latina
- Libro 6
- Cesare
- De Bello Gallico