De Bello Gallico, Libro 6 - Par. 35 - Studentville

De Bello Gallico, Libro 6 - Par. 35

Haec in omnibus Eburonum partibus gerebantur diesque adpetebat septimus quam ad diem Caesar ad impedimenta legionemque reverti constituerat. Hic quantum in bello Fortuna possit et quantos adferat casus, cognosci potuit. Dissipatis ac perterritis hostibus, ut demonstravimus, manus erat nulla quae parvam modo causam timoris adferret. Trans Rhenum ad Germanos pervenit fama diripi Eburones atque ultro omnes ad praedam evocari. Cogunt equitum duo milia Sugambri, qui sunt proximi Rheno, a quibus receptos ex fuga Tenctheros atque Usipetes supra docuimus. Transeunt Rhenum navibus ratibusque triginta milibus passuum infra eum locum, ubi pons erat perfectus praesidiumque a Caesare relictum. Primos Eburonum fines adeunt; multos ex fuga dispersos excipiunt, magno pecoris numero, cuius sunt cupidissimi barbari, potiuntur. Invitati praeda longius procedunt. Non hos palus – in bello latrociniisque natos -, non silvae morantur. Quibus in locis sit Caesar, ex captivis quaerunt; profectum longius reperiunt omnemque exercitum discessisse cognoscunt. Atque unus ex captivis ‘quid vos’ inquit ‘hanc miseram ac tenuem sectamini praedam, quibus licet iam esse fortunatissimos? Tribus horis Atuatucam venire potestis; huc omnes suas fortunas exercitus Romanorum contulit; praesidii tantum est, ut ne murus quidem cingi possit neque quisquam egredi extra munitiones audeat’. Oblata spe Germani, quam nacti erant praedam, in occulto relinquunt; ipsi Atuatucam contendunt usi eodem duce, cuius haec indicio cognoverant.

Versione tradotta

Queste cose si facevano in tutte le parti degli Eburoni e si avvicinava il settimo giorno, data per la quale Cesare deciso di ritornare ai carriaggi ed alla legione. A questo punto si poté verificare quanto possa la Fortuna in guerra e quali gravi casi produca. Dispersi ed atterriti i nemici, come dicemmo, non c’era nessuna squadra che producesse un soltanto piccolo motivo di timore. Oltre il Reno arrivò ai Germani la notizia che Gli Eburoni erano saccheggiati e che per giunta tutti erano chiamati al bottino.
I Sigambri, che sono vicini al Reno, raccolgono due mila cavalieri, e da essi dicemmo prima erano stati accolti i Tenteri e li Usipeti in fuga.
Attraversano il Reno con navi e zattere a trenta mila passi tra quel luogo, dove era stato completato il ponte ed il presidio lasciato da Cesare.
entrano nei primi territori degli Eburoni; catturano molti dispersi in fuga, si impossessano di un gran numero di bestiame, di cui i barbari sono avidissimi.
Invitati dal bottino avanzano maggiormente. Questi non li fermano la palude – nati nelle guerre e nelle rapine – non le selve. Chiedono ai prigionieri, in quali luoghi sia Cesare; lo scoprono partito più avanti e vengono a sapere che tutto l’esercito è partito. Ma uno dei prigionieri “Perché voi, disse, inseguite questa misera e leggera preda, a cui è permesso essere già fortunatissimi? In tre ore potete arrivare ad Atuatuca; qui l’esercito dei Romani ha portato tutti i suoi averi; c’è tanto di difesa, che nemmeno si può cingere il muro e nessuno osa uscire dalle fortificazioni”. Offertasi la speranza, i Germani, quella preda che avevano ottenuto, la lasciano in un luogo nascosto; essi si dirigono ad Atuatuca servendosi come guida dello stesso, per indicazione del quale avevano saputo queste cose.

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