Eneide, Libro 6, traduzione vv. 236-263 - Studentville

Eneide, Libro 6, traduzione vv. 236-263

His actis propere exsequitur praecepta Sibyllae.
spelunca alta fuit vastoque

immanis hiatu,
scrupea, tuta lacu nigro nemorumque tenebris,
quam super haud ullae poterant impune volantes
tendere

iter pennis: talis sese halitus atris
faucibus effundens supera ad convexa ferebat.
[unde locum Grai dixerunt nomine

Aornum.]
quattuor hic primum nigrantis terga iuvencos
constituit frontique invergit vina sacerdos,
et summas

carpens media inter cornua saetas
ignibus imponit sacris, libamina prima,
voce vocans Hecaten caeloque Ereboque

potentem.
supponunt alii cultros tepidumque cruorem
succipiunt pateris. ipse atri velleris agnam
Aeneas matri

Eumenidum magnaeque sorori
ense ferit, sterilemque tibi, Proserpina, vaccam;
tum Stygio regi nocturnas incohat aras

et solida imponit taurorum viscera flammis,
pingue super oleum fundens ardentibus extis.
ecce autem primi sub

limina solis et ortus
sub pedibus mugire solum et iuga coepta moveri
silvarum, visaeque canes ululare per umbram

adventante dea. ‘procul, o procul este, profani,’
conclamat vates, ‘totoque absistite luco;
tuque invade

viam vaginaque eripe ferrum:
nunc animis opus, Aenea, nunc pectore firmo.’
tantum effata furens antro se immisit

aperto;
ille ducem haud timidis vadentem passibus aequat.

Versione tradotta

Compiuti questi riti, presto eseguE comandi della Sibilla.
Vi fu una profonda

spelonca ed enorme per il vasto abisso,
rocciosa, protetta da una nera palude e da ombre di boschi,
sopra la quale

nessun volatile poteva impunemente
volgere il volo con l'ali: tale alito, esalando
da nere bocche, si portava alla

volta celeste.
(Da ciò i Greci chiamarono il luogo col nome di A(v)orno!)
Qui la sacerdotessa anzitutto pose quattro

giovenchi, neri
sul dorso, e versò vini sulla fronte
e prendendo, in mezzo alle corna, un ciuffo di peli
li pone sui

sacri fuochi, come prime offerte,
chiamando a voce Ecate potente nel cielo e nell'Erebo.
Altri affondano i coltelli e

raccolgono con tazze
il tiepido sangue: Lo stesso Enea sgozza con la spada un agnello
di nero mantello, per la madre

delle Eumenidi, alla grande sorella
e per te, Proserpina, una vacca sterile.
Poi abbozza per il re Stigio altari

notturni
e pone sulle fiamme intere viscere di tori
versando olio grasso, mentre le offerte ardono.
Ecco dunque, alla

soglia del primo sole e sul sorgere,
il suolo muggire sotto i pedi, i gioghi delle selve cominciarono
a muoversi e

sembrò che cagne ululassero nell'ombra,
all'arrivo della dea. "Lontano, oh, lontano state, profani,
grida la

profetessa, allontanatevi da tutto il bosco:
tu affronta la via e dal fodero sguaina la spada:
adesso è necessario

il coraggio, Enea, un cuore saldo, adesso".
Detto solo questo, furente si gettò nell'aperta spelonca.
Egli con passi

non timidi eguaglia la guida che avanza.

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